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Il Volto di Cristo nella Pietà di Giovanni Bellini

Giovanni Bellini - Pietà

Haec fere quum gemitus turgentia lumina promant/Bellini poterat ionnis opus”  ovvero “Questi occhi gonfi quasi emetteranno gemiti, quest’opera di Giovanni Bellini potrà spargere lacrime”. Il grande pittore veneziano userà in prestito una frase delle Elegie di Properzio per apporre la sua firma a una delle più note Imago Pietatis nella storia dell’arte di tutti i tempi, oltre ad  essere un tema ricorrente e in cui più volte l’artista amerà confrontarsi.

E’ una nuova forma pietatis che viene offerta all’osservatore, rivoluzionaria come del resto sarà tutta l’arte di Giovanni Bellini, di cui  Bernard Berenson ebbe a dire “Per cinquant’anni guidò la pittura veneziana di vittoria in vittoria, la trovò che rompeva il suo guscio bizantino, minacciata di pietrificarsi sotto lo stillicidio di canoni pedanteschi, e la lasciò nelle mani di Giorgione e di Tiziano, l’arte più completamente umana di qualsiasi altra che il mondo occidentale conobbe mai dopo la decadenza della cultura greco-romana”.

La nuova immagine devozionale scardina i canoni dell’ imago ieratica della tradizione bizantina e ci mostra il suo lato umano, il dramma della morte del Cristo che entra in rapporto emotivo con l’osservatore, attraverso il braccio e la mano piegata, su cui sono evidenti i segni della crocifissione e in cui il dettaglio pittorico svela i rilievi umani, è il punto di passaggio tra il divino e l’umano, simbolicamente rappresentato dalla balaustra in marmo.

Resi nella loro drammatica umanità e in una dimensione quasi reale, il profilo di Maria Mater dolorosa è accostato a quello del Cristo e con il corpo lo sorregge mentre sull’altro lato l’apostolo Giovanni esprime tutta la sua angoscia per la perdita del Maestro.

L’innovazione di Giovanni Bellini è anche nella tavolozza che premia i colori freddi, affiorati grazie a un recente restauro, che rompe  con la tradizione bizantina e veneziana dai colori pieni e smaltati e  attraverso sottili tocchi di pennello ci restituisce un’immagine che si offre allo spettatore in tutta la sua veridicità.

Al dettaglio minuzioso reso con particolare luminosità, come la capigliatura a boccoli che scende lungo il volto dell’apostolo Giovanni o quella sottile del Cristo che fuoriesce della corona di spine, fanno da contrappunto le campiture estese dei colori delle vesti, rosso, verde scuro, azzurro, mentre un paesaggio rinascimentale che si apre a sinistra fa da sfondo alla composizione.

L’opera conservata nella Pinacoteca di Brera dove si trova dal 1811, per donazione di Eugenio di Beauharnis, è collocata al termine del corridoio che ospita i pittori veneti del Rinascimento e fa da spettacolare introduzione, secondo il recente allestimento per opera di Ermanno Olmi, alla sala che ospita il Cristo morto del Mantegna, altro capolavoro su cui avremmo modo di soffermarci.

 

 

 

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