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Lacerba l’avanguardia in una stilografica

Qui non si canta al modo delle rane” era il verso del celebre sonetto trecentesco di Cecco d’Ascoli che dietro suggerimento di Ardengo Soffici venne ripreso nella testata di “Lacerba”, una delle riviste italiane più importanti del Novecento, fondata insieme a Giovanni Papini e stampata da Attilio Vallecchi. Provocatorio, bizzarro, creativo il periodico fiorentino che assunse il ruolo di manifesto del Futurismo ed emblema della stagione avanguardistica fiorentina ebbe vita dal 1 gennaio del 1913 fino al 22 maggio 1915 con cadenza, prima quindicinale, poi settimanale, per un totale di 69 numeri. Ai fondatori si aggiunsero in seguito Aldo Palazzeschi e Italo Tavolato per poi accogliere i principali protagonisti del movimento futurista da Filippo Tommaso Marinetti ai pittori Umberto Boccioni e Carlo Carrà al musicista Luigi Russolo.

Per ricordare un momento così importante nella storia della cultura italiana ed europea che si intreccia indissolubilmente con la storia della casa editrice, Vallecchi ha voluto dedicare alla grande avventura di Lacerba una stilografica, autentico gioiello orafo, che prende il nome dall’anno della sua fondazione, il 1913 e che si ispira al tema artistico della “Danza serpentina” di Gino Severini, pubblicata sulla rivista e abilmente riproposta con la tecnica del niello nel fusto della stilografica. All’impianto spiazzante e vorticoso dell’opera di Severini si oppongono le geometrie dell’Art Noveau che ricoprono il cappuccio e la parte terminale della penna.

Stili diversi a confronto che sono espressione nel dinamismo culturale di quel periodo ma che trova il punto di incontro nella tecnica utilizzata per realizzare i particolari dettagli della stilografica 1913.
Le decorazioni sono ottenute con l’antica e complessa tecnica del niello con processo inverso, definito anche scrimshaw, un tempo applicato all’avorio e che consiste nel riempire gli spazi incisi con inchiostro calcografico. Sta nell’abilità degli incisori riuscire ad asportare delicatamente con il bulino la resina naturale di cui sono composti il corpo e il cappuccio per poi riempire gli spazi ricavati con una miscela di rame, argento, zolfo e piombo. Le finiture sono poi completate in argento e oro a seconda del modello.

Il risultato è una preziosa lavorazione artigianale molto complessa che consente di ammirare i dettagli minuziosi con cui è stata riprodotta l’opera di Severini in un gioco di sfumature e riflessi di luce dove il ruolo centrale è per le parole, lasciate libere di esprimersi contro la logica della scrittura razionale e l’utilizzo pieno delle onomatopee come il taratatatata della mitragliatrice. La superficie tondeggiante della stilografica offre poi  un movimento ancora più vorticoso e dinamico che incarna in pieno lo spirito futurista.

Un’opera tutta da gustare, fatta di testi da leggere e da ammirare. Quasi un baluardo razionale al posto del confine con le decorazioni del cappuccio, sta il marchio Lacerba inciso sull’anello centrale in rigosi caratteri tipografici. La clip è realizzata con la tecnica della cera persa e richiama nel logo Vallecchi i logotipi di stampa in piombo dei tipografi dell’epoca. Al termine una rondella di scorrimento è stata applicata così a come accadeva nelle prime stilografiche del secolo scorso.

Un pennino in oro 18Kt completa questo straordinario strumento di scrittura, disponibile nelle principali larghezze di tratto mentre il caricamento è a converter. Custodita in un elegante cofanetto la stilografica 1913 Lacerba è accompagnata da un volume dedicato alla straordinaria rivista fiorentina che ancora oggi mantiene inalterato tutto il suo fascino dirompente.

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