Quattro borchie angolari e al centro un doppio rosone concentrico in ottone traforato fermato da una borchia. E’ alla legatura del Codice 515 sempre del Museo di San Marco a Firenze che si ispira quella realizzata per l’edizione in facsimile del Messale di San Domenico, il più vicino per tipologia e cronologia al Messale 558, in quanto la legatura con la quale si presenta oggi il volume risale in parte al secolo XIX e non è quindi quella originale.
Come in precedenza accennato, fu grazie a Cosimo I che il Convento di San Marco venne ristrutturato a partire dal 1437 ad opera di Michelozzo, l’architetto prediletto dei Medici che seppe declinare gli ambienti nella rigorosa monumentalità dello stile rinascimentale fiorentino e si occupò della costruzione della biblioteca che venne conclusa nel 1444. La prima biblioteca aperta al pubblico e che, sempre per volere di Cosimo I venne dotata di libri attraverso l’acquisizione del fondo librario di Niccolò Niccoli e la realizzazione di un ciclo di manoscritti, antifonari e corali, che iniziò nel 1446 e che venne pagato da Cosimo in persona che più volte compare all’interno di alcune miniature quale “Illustrissimus vir”.
Ogni codice era sostenuto dal badalone del coro della chiesa e veniva esposto a seconda delle festività, all’interno del graduale infatti erano contenuti il Santorale e il Comune dei Santi, i testi da cantare durante la messa nelle feste dei santi più importanti. Di grandi dimensioni erano letti sia nei testi che nelle note dai frati riuniti in coro e l’iniziale miniata, dedicata alla scena o alla figura del santo a cui la funzione era dedicata, veniva miniata con tinte vivaci per richiamare con facilità testo e musica.
In alcuni documenti del Convento di San Marco giunti sino a noi sono stati registrati i pagamenti per la scrittura e per la miniatura del ciclo dei corali, la scrittura fu eseguita per la maggior parte da Fra Benedetto del Mugello fratello dell’Angelico e dai francescani Frate Giovanni da Santa Croce e Frate Gianni di Guido Barbiere. Zanobi Strozzi si occupò della parte figurativa della decorazione miniata mentre per quella decorativa relativa ai fogliami, l’oro e gli altri ornamenti venne eseguita da Filippo di Matteo Torelli.
La legatura invece venne affidata a Vespasiano da Bisticci che aveva a Firenze alla metà del Quattrocento una delle più prestigiose librerie e legatorie. Delle legature originali fanno parte i decori metallici lavorati a traforo e incisione, tra i quali i bellissimi rosoni centrali con lo stemma mediceo, particolarmente originali i rosoni dell’antifonario 520 che reca una pergamena dipinta di azzurro come sfondo al traforo metallico.