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Michelangelo. Quello studio in terra rossa per la Madonna del Tondo Doni

Studio di testa per la Madonna del Tondo Doni-Michelangelo-Casa Buonarroti

Nel marzo del 1501 Michelangelo lascia Roma e torna a Firenze chiamato “d’alcuni amici suoi perché non era fuori di proposito che di quel marmo ch’era nell’Opera guasto egli, come già n’ebbe volontà, ne cavasse una figura”  e in quel periodo oltre ad occuparsi del blocco di marmo dell’Opera del Duomo dal quale nacque il capolavoro del David, terminato nel 1503 e poi collocato in Piazza della Signoria, lavorò anche ad altre statue per il Duomo di Siena che gli erano state commissionate dal futuro  Papa Pio III. Quattro anni durò il suo soggiorno fiorentino e fu ricco di commissioni sia pubbliche che private tra cui la più importante è senza dubbio l’affresco di un episodio della  Battaglia di Cascina per la Sala del Gran Consiglio di Palazzo Vecchio.

Tra le commissioni private spicca senza dubbio il Tondo Doni, oggi conservato agli Uffizi, una “Sacra Famiglia con San Giovannino” dipinta per Agnolo Doni e considerato l’unico dipinto su tavola di Michelangelo anche se alcun i studiosi sono propensi nell’attribuirgli la cosiddetta Madonna di Manchester oggi conservata alla National Gallery.

Dipinta per Agnolo Doni e la moglie Maddalena Strozzi, forse in occasione delle nozze che furono celebrate tra il 1503 e il 1504, la Sacra Famiglia fu realizzata su un supporto circolare, nel pieno della tradizione fiorentina del quattrocento ma qui lo sperimentalismo di Michelangelo è particolarmente accentuato. La Madonna dalle fattezze mascoline, si avvita su se stessa e con le braccia alzate sta per afferrare il bambino che viene offerto al di sopra delle spalle da San Giuseppe, i colori sono chiari e freddi in perfetta antitesi con la moda del tempo e i corpi degli uomini nudi alle spalle ricordano quelli affrescati alla Cappella Sistina.

Uno sperimentalismo che sarà espresso anni più tardi attraverso un pensiero di Michelangelo che verrà riferito da Gian Paolo Lomazzo nel 1584, ovvero “che la figura sia piramidale, serpentinata, moltiplicata per uno, per due, per tre” e che in scultura troverà espressione nelle Pietà della maturità che avranno uno sviluppo verticale.

Sembra quasi il dipinto di una scultura, l’esaltazione della tridimensionalità, il dipinto sembrerebbe alludere alla divisione dell’umanità prima e dopo la nascita di Cristo e in questa ottica i corpi degli uomini nudi sullo sfondo rappresenterebbero l’umanità prima della Rivelazione, anche San Giovannino che rimane dietro e separato dalla Sacra Famiglia fa parte di questa realtà anche se il suo sguardo è rivolto verso Gesù.

Tra i massimi capolavori della raccolta dei disegni di Michelangelo conservati presso la Casa Buonarroti e selezionati dalla D. ssa Cristina Casoli per l’opera editoriale Michelangelo. I disegni più belli”, studio inventariato con la dicitura 1 F recto che Bernard Berenson mise in relazione con i lavori preparatori del Tondo Doni, mentre secondo Tolnay si tratterebbe di uno studio per la testa del Profeta Giona nella Sistina.

Il disegno – come sottolinea Cristina Casoli – si caratterizza per una splendida sicurezza di segno che ci restituisce un volto bellissimo, dall’espressione ispirata e in meravigliosa estasi, esaltato dall’uso della pietra rossa naturale, materiale di grande flessibilità e potenzialità tonali in grado di descrivere le superfici epidermiche e le variazioni chiaroscurali. Un materiale, peraltro, forse da lui mai impiegato prima del Cinquecento, e comunque rarissimo nella produzione grafica conservata antecedente i lavori per la Battaglia di Cascina. Il tratto è saldamente delineato, le linee evidenti; siamo molto lontani dai risultati essenzialmente pittorici visibili nei lavori dei fiorentini suoi contemporanei che hanno favorito l’impiego della pietra rossa, come Andrea del Sarto, Sodoma o Fra Bartolommeo, ma ancor più lontani, volendo, dalla tecnica dello sfumato di matrice leonardesca.

 

 

 

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