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Michelangelo e le origini canossiane ” secondo che si dice”

Ascanio Condivi , Vita di Michelagnolo Buonarroti 1553 Casa Buonarroti

“Michelagnol Buonarroti Pittore e Scultore singulare, hebbe l’origin sua da Conti da Canossa, nobile & illustre famiglia del tenitorio di Reggio, sì per virtù propria, & antichità, sì per hauer fatto parentado col sangue imperiale”. Così Ascanio Condivi inizia la sua “Vita di Michelagnolo Buonarroti”, la biografia scritta sotto la supervisione dello stesso Michelangelo che aveva particolarmente a cuore la rivendicazione delle nobili origini del suo antico casato, quello dei Buonarroti Simoni, purtroppo caduti in disgrazia già alla sua nascita.

Ad accreditare le nobili origini familiari ci sarebbe infatti una lettera datata 8 ottobre 1520 che Alessandro, conte di Canossa in Bianello avrebbe spedito a Michelangelo che si trova a Roma, lettera che oggi viene conservata presso The British Library di Londra. Il nobile si riferisce a Michelangelo chiamandolo “Parente onorando” dicendogli che lui e il fratello avrebbero voluto conoscerlo, al posto del pittore Giovanni da Reggio spedito dal Buonarroti a Bianello, per fargli “cognoscere li vostri et casa vostra” e in cui inoltre si rammarica di non aver saputo del soggiorno dell’artista a Carrara. Nella chiusa della lettera il nobile fa riferimento alla notizia di un “messer Simone da Canossa stato Podestà de Fiorenza” nel 1250 rinvenuta “in le cosse nostre antique”; in realtà di tratterebbe di un personaggio mai esistito e su questa affermazione fu costruita l’errata convinzione della discendenza del Buonarroti dai Canossa.

Anche in numerose lettere scritte al nipote Leonardo Buonarroti, Michelangelo, che si preoccupa della sua discendenza e che abbia una “casa che sia onorevole, di mille cinque cento o dumila scudi, e che sia nel quartier nostro, se si può (…) perché noi sian pure cictadini discesi di nobilissima stirpe” tiene quindi così a precisare le nobili origini del suo casato. E sempre nella lettera del 4 dicembre del 1546 inviata al nipote e conservata nell’Archivio di Casa Buonarroti a Firenze dove in chiusura accennando all’origine non fiorentina della famiglia scrive così “ Un dì che io abi tempo, v’aviserò dell’origine nostra e donde venimo, e quando, a Firenze, che forse nol sapete voi”.

Come osserva Alessandro Cecchi, nuovo direttore di Casa Buonarroti a Firenze, nel suo saggio “Michelangelo e i conti di Canossa” nel catalogo della mostra monografica appena ivi inaugurata “ Matilda di Canossa 1046-1115 La donna che mutò il corso della storia”, “ Il sommo artista, contrastato dai suoi fin dall’infanzia nelle sue aspirazioni artistiche perché ritenute non degne della famiglia, aveva poi rivendicato orgogliosamente la propria libertà e la conseguente affrancatura da quell’artigianato servile che connotava i tanti artisti fiorentini con bottega nella celebre lettera al nipote del 2 maggio 1548 : “ Al Prete ( Giovan Francesco Fattucci, cappellano di Santa Maria del Fiore) dì che non mi scriva più ‘ a Michelagniolo scultore’ perché io non ci son conosciuto se non per Michelagniolo Buonarroti, e che bisognia che e’ truovi un dipintore: ché io non fu’ mai pictore né scultore come chi ne fa boctega. Sempre me ne sono guardato per l’onore di mie padre e de’ mia frategli, ben io abbi servito tre papi, che è stato forza”.

E ancora sottolinea Alessandro Cecchi “ La discendenza di Michelangelo dai conti di Canossa fu in seguito accolta, senza problemi, da Benedetto Varchi nella sua orazione funerale del 1564, diversamente da Vasari che dopo non averne fatto cenno nella “Vita” del 1550 così come del resto anche le sue fonti, nel 1568, a quattro anni dalla scomparsa del sommo artista, preferì adottare la formula “secondo che si dice”, non essendo evidentemente del tutto convinto della giustezza della ricostruzione genealogica”.

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