Il Vasari è molto preciso e indica anche il giorno. Sarebbe infatti il 9 luglio dell’anno 1334, la data in cui Giotto, che lo aveva progettato, inizia la costruzione del campanile che porta il suo nome, subentrando come capomastro ad Arnolfo di Cambio, occupandosi subito della costruzione del primo piano.
Anche Giovanni Villani nella sua Cronica ce ne parla “Nel detto anno (1334) (…), si cominciò a fondare il campanile nuovo (…) di costa a la faccia della chiesa in su la piazza di Santo Giovanni (…) e proveditore della detta opera (…) fue fatto per lo Comune maestro Giotto nostro cittadino, il più sovrano maestro stato in dipintura che si trovasse al suo tempo (…)”
Allineato con la facciata, la torre campanaria di S. Maria del Fiore, riflette la volontà di conferirgli importanza come segno di forte verticalità al centro della Insula Episcopalis, oltre alla necessità di liberare la visuale della zona absidale per la grande cupola. Nel progetto originale Giotto faceva terminare il campanile con una cuspide piramidale alta 50 braccia fiorentine secondo cui l’elevazione totale avrebbe dovuto essere di 110-15 metri.
Alto 84.70 metri e largo circa 15 il campanile di Giotto è la più eloquente testimonianza dell’architettura gotica fiorentina del Trecento, che pur nello slancio verticale non abbandona il principio della solidità. Presenta dei rafforzi angolari che salgono fino al coronamento a sbalzo orizzontale.
Alla sua morte, avvenuta nel 1337, Giotto riuscì a vedere realizzata solo la prima parte del progetto, fino all’altezza delle formelle esagonali, una sorta di racconto figurativo, eseguite da Andrea Pisano su disegni dello stesso Giotto, e i rilievi, anticamente con campitura azzurra, dello stesso Andrea Pisano e di Luca della Robbia.
Proseguito da Andrea Pisano, che finì i primi due piani rispettando il progetto giottesco, il Campanile si abbellì con la decorazione esterna a losanghe anche con l’intervento di Alberto Arnoldi.Nel ricco apparato decorativo delle formelle esagonali e delle losanghe, si esprime il concetto dell’ordinamento universale e della storia della Redenzione.
I rilievi iniziano con la Creazione dell’uomo e si susseguono con la rappresentazione delle sue attività, i Pianeti che regolano il corso della sua esistenza, le Virtù che lo fortificano, le Arti Liberali che lo istruiscono e i Sacramenti che lo santificano.
Una parola a parte meritano le statue, concepite come elementi integranti dell’edificio piuttosto che come componenti decorative. Nel secondo ripiano, infatti, ai bassorilievi, Andrea Pisano sostituì sedici nicchie destinate a contenere figure di Re e di Sibille e statue di Patriarchi e di Profeti, quest’ultime eseguite successivamente anche da Nanni di Banco e Donatello, tra le quali il bellissimo gruppo del Sacrificio di Isacco di Donatello, che rappresenta una delle conquiste più alte del naturalismo quattrocentesco in scultura. Gli originali di tutte le sculture, per motivi conservativi, si trovano al Museo dell’Opera del Duomo.
Per due anni, dal 1348 al 1350, i lavori vennero interrotti, ma il Campanile fu portato a termine nel 1359, dopo gli anni terribili della peste nera, da Francesco Talenti, creatore geniale dei finestroni dei livelli alti, che ebbe il merito di trapassare la struttura con la luce, grazie alle bifore accoppiate di gusto senese e alle grandi trifore timpanate, rendendo così l’edificio elegantemente gotico pur mantenendo l’impostazione classica dell’insieme. Una grande terrazza, posta a più di 400 scalini da terra, protesa verso l’esterno, che fa da tetto panoramico è l’ultimo tassello dell’opera del Talenti, che non attuò il progetto della copertura a guglie cuspidata che avrebbe voluto Giotto.