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Lo splendore di un manoscritto rinascimentale per la corte papale : il Messale Borgia

Redatto secondo le norme del cerimoniale del 1488, il Messale commissionato da Giovanni Borgia alla fine del XV secolo giunse poi in terra d’Abruzzo, nella cittadina di Chieti, grazie a Guido de’ Medici, nipote del pontefice Clemente VII che ne divenne arcivescovo, ed è proprio nella Curia arcivescovile che ancora oggi viene conservato, attraverso ai secoli, giungendo intatto sino a noi.

Un messale che come abbiamo più volte sottolineato ha la caratteristiche di essere nominato in tre modi diversi : Messale Borgia, Messale de’ Medici e Messale Teatino, in base ai tre diversi periodi storici che ha attraversato e che lo ha visto protagonista.

L’iniziale proprietario fu il suo committente, Giovanni Borgia, già arcivescovo di Monreale per volere di Sisto IV nel 1483 ed eletto cardinale dallo zio, il pontefice Alessandro VI il 31 agosto del 1492. Il possesso storico è confermato dalla presenza di tracce dello stemma cardinalizio bipartito di Giovanni Borgia, con il toro rosso a sinistra e le tre bande nere a destra che  sono state rinvenute sotto lo stemma mediceo che venne apposto al passaggio di mano del messale.

Il codice infatti arrivò alla Curia arcivescovile di Chieti nel 1528 come dono offerto da Guido de’ Medici divenuto arcivescovo metropolita il 3 gennaio dello stesso anno. Figlio di Antonio di Giuliano de’ Medici e di Selvaggia di Felice del Beccuto, Guido de’ Medici venne avviato alla carriera ecclesiastica ottenendo numerosi benefici, priore di Sant’Apollinare, preposito di Ognissanti a Firenze, pievano di Sant’Ippolito a Castelfiorentino e nel 1506 canonico del capitolo metropolitano di Firenze.

I pontificati di Leone X e di Clemente VII furono per lui l’occasione per accedere alla corte papale con diverse cariche fino a quella di prelato domestico di papa Clemente VII che lo nominò castellano di Castel Sant’Angelo e ambasciatore presso Alessandro de’ Medici. Eletto Vescovo di Venosa nel 1527 e l’anno seguente arcivescovo metropolita di Chieti non risiedette mai in questa città a causa dei suoi incarichi presso la Curia Romana. Morì tra il 13 e il 23 giugno del 1537. Secondo gli studiosi, il fatto che il  codice si trovasse presso Clemente VII che lo avrebbe utilizzato quale messale personale, farebbe supporre che alla morte di Giovanni Borgia, sia stato trasferito e conservato nella sacrestia della Cappella Sistina fino al suo trasferimento in Abruzzo, dove ancora oggi è conservato.

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