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Miniatura, un’arte spesso al femminile praticata nei conventi, il caso di Plautilla Nelli

Ms San Marco 566 iniziale A 1558 attribuita a Plautilla Nelli

A Firenze, dove oggi si trova l’edificio che ospita il Comando Militare per il Territorio dell’Esercito Toscano, nel 1500 venne costruito, grazie a Camilla Bartolini Davanzati e dal marito Ridolfo Rucellai, un convento domenicano intitolato a S. Caterina da Siena che venne consacrato nel 1506. Qui, durante la cacciata dei Medici nel 1527 venne affidata alle suore del convento la piccola Caterina de’ Medici, scomoda nipote di Clemente VII. Grazie ai lasciti e alle donazioni delle famiglie fiorentine il monastero e la chiesa vennero ampliati ed abbelliti.

E’ qui che nel 1538, Polissena de’ Nelli, prenderà i voti all’età di quattordici anni, con il nome di Plautilla, dopo la morte della madre e a seguito del secondo matrimonio del padre. Autodidatta, così come ci è stato tramandato dal Vasari nelle Vite, diventerà subito “ stimatissima e mirabile nel miniare”, espressione che si riferisce alle realizzazioni di opere di piccolo formato e anche ai manoscritti.

Questi ultimi – come nota Catherine Turrill Lupi nel suo saggio “ Biografia e fortuna critica di Plautilla Nelli : una rilettura” all’interno del catalogo della mostra “Plautilla Nelli arte e devozione sulle orme di Savonarola” in corso agli Uffizi a cura di Fausta Navarro – venivano sovente confezionati nei monasteri femminili, anzi tale tipo di attività è specificamente raccomandata alle monache si Santa Caterina dall’autore di un manuale loro destinato, redatto nel 1509, poco dopo la fondazione del convento. Inoltre i padri di alcune delle monache entrate a far parte della comunità di Plautilla Nelli, agli inizi del Cinquecento erano coinvolti a vario titolo nell’industria libraria: è il caso delle tre figlie del miniatore e incisore Francesco Rosselli, sulle cui proprietà nei pressi di San Marco sorgeva il Convento di Santa Caterina appena costruito o della figlia di Monte di Giovanni, anche lui miniatore residente in Piazza San Marco, nelle immediate vicinanze del Convento”.

Risulterebbero infatti aver preso il velo nel 1499 le tre figlie di Francesco Rosselli, Maria, Fede e Speranza, nel 1505 Suor Benedetta figlia del cartolaio Benedetto Vannucci, sempre lo stesso anno Suor Perpetua figlia del miniatore Monte di Giovanni di Miniato e nel 1526 Suor Angiolina figlia Agnolo, cartolaio. Anche se non esistono prove certe che queste monache fossero dedite all’ ars illuminandi, potrebbero comunque esserci stati dei collegamenti con l’introduzione di Plautilla a quest’arte, senza contare che nel vicino convento di san Marco, all’epoca operava Fra’ Eustachio di Baldassarre, pittore talentuoso e ricordato come “miniaturista eccellente” che Plautilla potrebbe aver conosciuto. Ad avvalorare questa ipotesi secondo la studiosa la forte rassomiglianza tra la Natività di Fra’ Eustachio e quella contenuta nell’Antifonario n. 566, attribuito a Plautilla Nelli, e forse uno dei suoi primi lavori, datato 1558, si tratta dell’iniziale A che contiene “l’Adorazione del Bambino con la Vergine Maria, Giuseppe e due monache”.

L’antifonario, oggi conservato nel Museo di San Marco, fu realizzato per il Convento di Santa Caterina come attesta la scelta degli uffici: per Santa Caterina, per Sant’Antonino, per San Vincenzo Ferrer. “ Vi sono alcuni elementi figurativi – nota Sheila Barker nella scheda all’opera in catalogo – come la capanna senza tetto e la rappresentazione del Bambino adagiato sul mantello di Maria steso direttamente a terra che sembrano riecheggiare l’idea savonaroliana di Simplicitas alla quale il convento di Nelli aderiva con rigore, ma è pur vero che certi cliché nella rappresentazione dell’umiltà cristiana appartengono alla tradizione iconografia fiorentina ben prima che il predicatore giungesse da Ferrara”. “Questa lettera decorata – prosegue la studiosa – mostra un’artista che ormai padroneggia le tecniche della miniatura, come rivelano l’uso in alcuni punti di ampie pennellate, le disinvolte lumeggiature dei panneggi, il colore opaco della pelle, l’impiego della pergamena bianca ridotto al minimo e l’adozione della prospettiva cromatica per il paesaggio”. Le stesse tonalità usate per rappresentare la scena si ritrovano nelle foglie e nei frutti che ornano l’iniziale lasciando intendere che una stessa mano vi abbia lavorato.

http://advancingwomenartists.org/

 

http://www.artielettere.it/plautilla-nelli-agli-uffizi-prima-pittrice-fiorentina-non-piu-invisibile/

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