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Lacerba, i rivoluzionari caratteri “etruschi” per il frontespizio

Parliamo dunque della rivista. E’ inutile dire che l’idea di questi tipografi mi piace e che sarò con te con tutte le forze. Non solo ma divido anche perfettamente la tua idea di farne una rivista piuttosto teorica. Vedrai che su ciò saremo perfettamente d’accordo. Ma di tutto ciò bisogna parlare a voce ,anche per intendersi circa il contegno da tenersi con Prezzolini” . Attraverso il carteggio Papini-Soffici è possibilie ricostruire la nascita della rivista Lacerba, un esperimento da tentare insieme per i due che considerano ormai conclusa l’esperienza de La Voce.

Credo anch’io – prosegue Soffici in una lettera diretta a Papini – che il meglio sia di avvertirlo semplicemente e fargli capire che una tale pubblicazione non può dar noia in nessun modo alla Voce… Intanto stringi il più possibile l’affare col tipografo provvidenziale, di modo che se niente vi si oppone, si possa cominciare al più presto… In quanto al titolo ti mando questo – mi par buono. Sono caratteri etruschi tratti da Maspero. Sono un po’ sottili e avevo provato ad ingrossarli un po’ in un altro foglio, ma ho visto che perderebbero il carattere. Se ti piacciono adottali se no ne farò altri, o, meglio, sceglieremo un carattere di tipografia. Insomma pensaci e poi vedremo. A me piacerebbe però questo etruschismo. Con Palazzeschi sii largo se ti porta qualcosa d’un po’ letterario-lirico, tra noi osserviamo il rigore, ma per gli altri ci vuol del margine!… Ritrovo l’entusiasmo e la febbre dei vent’anni. Sento il fuoco sacro che spiffera da tutti i buchi. Con Prezzolini ho parlato e ci siamo intesi su tutto. Piena libertà. Tuo Ardengo”.

In un periodo così delicato per l’Italia, Lacerba ebbe vita a Firenze dal 1 gennaio del 1913 al 22 maggio del 1915 con cadenza quindicinale prima e poi settimanale per un totale di 69 numeri. Ai fondatori Ardengo Soffici e Giovanni Papini si aggiunsero poi Aldo Palazzeschi e Italo Tavolato e i protagonisti del futurismo, Marinetti, Boccioni, Carrà e Russolo. Il titolo della rivista, otto pagine in tutto, fu scelto da Soffici che nella biblioteca di St. Geneviève a Parigi, nel quartiere latino, era stato colpito dalla lettura del sonetto di Cecco d’Ascoli intitolato L’Acerba così come anche il disegno della testata in caratteri “etruschi”.

Caratteri che sono stati fedelmente riproposti alla base del cappuccio della stilografica 1913 dedicata alla celebre rivista fiorentina, con un decoro di righe verticali che ne esaltano la linea, mentre la clip che è stata disegnata apposta per Vallecchi richiama nel logo i caratteri mobili per la stampa e reca come ornamento una rondella di scorrimento come nelle penne stilografiche del primo Novecento.

Tornita in resina vegetale nera lucidata a specchio, la stilografica 1913 è un capolavoro dell’oreficeria fiorentina, il fusto, il cappuccio e il fondello sono in argento, incisi con la tecnica del niello, con procedimento rovesciato. Il metallo è verniciato con una lacca speciale e poi con un delicato lavoro al bulino alla puntasecca l’argento sottostante viene riscoperto creando il complesso motivo decorativo della stilografica.

Il motivo artistico riproposto sul fusto si ispira alla “Danza serpentina” di Gino Severini in grado di suscitare la stessa emozione dell’opera d’arte che in una delle sue numerose versioni ebbe spazio anche sulle pagine di Lacerba, un tema quello della danza, molto caro a Severini che dopo l’esperienza parigina ne divenne l’interprete assoluto, tra gli artisti del movimento futurista.

Fusa con la tecnica della “cera persa” nello stesso metallo della penna, la stilografica 1913 è uno squisito gioiello di alta oreficeria in tiratura limitata di 913 esemplari.

 

 

 

 

 

 

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