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Michelangelo. Quell’arte segreta “una cosa sciocca”

Giunto è già ‘l corso della vita mia/con tempestoso mar, per fragil barca/ Al comun porto, ov’a render si varca, / Conto e ragion d’ogni opra trista e pia.

Onde l’affettuosa fantasia, / Che l’arte mi fece idol e monarca/ Conosco or ben, com’era d’error carca,/ E quel c’a mal suo grado ogn’uom desia

Gli amorosi pensier, già vani e lieti, / Che fine or, s’a duo morte m’avvicino? D’una so’l certo, e l’altra mi minaccia.

Nè pinger nè scolpir fie più che quieti/ L’anima volta a quell’amor divino/ C’aperse a prender noi n’croce le braccia

Scritta nel 1555 a pochi anni dalla morte, è una delle poesie più note di Michelangelo Buonarroti in cui è forte il sentimento di ricerca spirituale e religiosa che caratterizza tutta la produzione degli ultimi anni della sua produzione artistica. In un tempo in cui era venuta a mancare l’amicizia con la nobildonna Vittoria Colonna, morta nel 1547, sua musa e  confidente, alla quale dedicherà molte rime e madrigali, sembra che la sua perdita abbia provocato in lui un grande sconforto dal quale non riuscirà più a risollevarsi. Ed ecco che l’attività creativa  attraverso la composizione delle rime diventa una sorta di rifugio, una strada parallela alle altre arti praticate, nascosta ai più e nota solo ad alcuni strettissimi amici, un ambito segreto  a cui affidare i propri pensieri.

L’essenza più privata di Michelangelo Buonarroti non segue un progetto preciso, un’architettura d’insieme, i suoi versi vengono appuntati sull’angolo di un foglio o di un disegno e non saranno mai pubblicati in vita, anche se Michelangelo si dedicherà alla poesia per quasi tutta la vita e con il passare del tempo con un impegno sempre più crescente. Tutte le “Rime” saranno raccolte e pubblicate nel 1623 dal nipote dell’artista Michelangelo Buonarroti il Giovane che però le rielaborò. E’ del 1863 l’edizione critica a cura dell’Accademia della Crusca che restituisce al pubblico le “Rime” nella loro versione originale . Tra le varie edizioni quella dell’editore Carabba datata 1934 con una prefazione di Giovanni Amendola che abbiamo avuto la fortuna di recuperare nel mercato antiquario.

Vorrei voler, Signor, quel ch’io non voglio…” “ Ed il pregio particolare delle poesie di Michelangelo sta in questo: che mentre nelle sue sculture e nei suoi dipinti egli è, oltre che se stesso, in gran parte l’uomo del suo tempo e della sua cultura, sì che talvolta lo troviamo circonfuso di spiriti platonici e danteschi, nelle rime invece egli è soprattutto se stesso- ed attraverso un velo tenuissimo noi scorgiamo il palpitare del suo cuore messo a nudo, e le contrazioni della sua anima che s’accompagnano al ritmo poetico. Non è l’opera di Michelangelo, ma è Michelangelo stesso che ci sta dinanzi. E perciò, nonostante le stranissime incongruenze formali, e talune non attraenti singolarità, a cui s’accennò in principio, le rime di questo sublime scultore e cercatore di anime sono adorne di una così vaga bellezza poetica, che talvolta il cuore sobbalza ad un versi, e lo spirito ha de’ moti che ci portano più addentro e più in alto nella vita”.

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