“E’ uno sfondo del tutto inedito nel panorama fiorentino: un esito della pittura leonardesca che giustifica e ,anzi illumina il giudizio espresso da Vasari ne Proemio alla terza parete delle Vite, quando scrive che fu Leonardo a dar “principio a quella terza maniera che noi vogliamo chiamare la moderna”. Giudizio che il biografo aretino legava specialmente alla capacità del Vinci di “dare alle sue figure il moto et il fiato” e che, appunto, si rende ben comprensibile al cospetto proprio dell’Adorazione degli Uffizi , dove gli attori accalcati sulla ribalta si offrono al riguardante in pose languide e attorte , sovente esemplate su quei modelli ellenistici che, a detta del Vasari, furono la molla della “maniera moderna”. E’ Antonio Natali, ex direttore degli Uffizi, nel suo saggio al catalogo, ad evidenziare l’aspetto innovativo dell’opera di Leonardo che oggi dopo un restauro durato cinque anni all’Opificio delle Pietre Dure è tornato in esposizione al pubblico agli Uffizi.
Come si conviene ad un grande capolavoro restaurato, stamattina agli Uffizi, dopo la conferenza stampa alla quale erano presenti il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike D. Schmidt, il Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure Marco Ciatti e Maria Vittoria Colonna Rimbotti presidente degli Amici degli Uffizi che hanno finanziato il restauro, è stato levato il drappo bianco che ricopriva L’Adorazione dei Magi, l’opera incompiuta di Leonardo da Vinci, commissionata dai canonici di Sant’Agostino per l’altare maggiore della chiesa di San Donato in Scopeto che adesso si offre per una nuova lettura agli studiosi e ai visitatori. E’ nel novembre del 2011 che la grande tavola dell’Adorazione dei Magi viene trasferita al laboratorio di restauro dell’Opificio delle Pietre Dure alla Fortezza da Basso dove per molti mesi sarà sottoposta a numerose indagini diagnostiche prima dell’ottobre del 2012 in cui sarà presa la decisione di intraprenderne il restauro. Come è stato ricordato, anni prima quando era stata ventilata la possibilità di un probabile restauro si erano accese discussioni e controversie, non tutti infatti erano sicuri che dalla superficie brumosa potesse emergere qualcosa di più di quanto già visibile.
Opera complessa, l’Adorazione dei Magi che, da domani fino al 24 settembre sarà esposta nella Galleria delle Statue e delle Pitture degli Uffizi per “Il Cosmo Magico di Leonardo”, è un dipinto incompiuto e dalla difficile lettura . Partendo da Firenze per Milano, nel 1482, Leonardo lasciò la pittura a diversi livelli di avanzamento , a un azzurro del cielo appena accennato si affiancano zone di solo disegno, figure più costruite con colori scuri, immagini che si sovrappongono ad altre, continui ripensamenti, zone di ricerca spaziale e volumetrica. Un’impresa non facile per il pool di restauratori che hanno dovuto confrontarsi costantemente con le idee in divenire di Leonardo e non con un lavoro finito. Dopo la fase di studio, di ricerca e di indagini diagnostiche è stato elaborato un progetto di restauro in grado di restituire al grande pubblico una migliore comprensione di questo capolavoro. I principali motivi di preoccupazione erano l’alterazione dei materiali superficiali, lo sporco accumulato negli anni e materiali diversi come colle, vernici, che avevano prodotto anche uno strappo del colore e importanti problemi strutturali dovuti alla separazione delle assi del tavolato di supporto.
Il gruppo di lavoro guidato da Marco Ciatti e da Cecilia Frosinini ha legato i risultati delle indagini diagnostiche, la riflessione sui significati storico-artistici del capolavoro e le indicazioni della storia conservativa per mettere a punto le linee guida del restauro, di cui la pulitura è stata condotta da Roberto Bellucci e Patrizia Riitano, mentre il risanamento del supporto ligneo è stato compiuto da Ciro Castelli e Andrea Santacesaria con la collaborazione di Alberto Dimuccio. Grazie al restauro lo sfondo si apre su una visione prospettica ed atmosferica, sino ad oggi nascosto mentre è evidente l’uso del disegno da parte di Leonardo direttamente sulla tavola e dei numerosi cambiamenti in corso d’opera. Lo stesso direttore degli Uffizi Eike D. Schmidt ha affermato “ E’ raro che un restauro cambi la percezione di un’opera, ma adesso sono stati recuperati i particolari figurativi, le cromie, l’azzurro, la prospettiva spaziale, la profondità che prima non si percepiva e il tempo, , le tappe creative del processo di Leonardo. Cogliamo i frutti di cinque anni di lavoro straordinario da parte dell’Opificio delle Pietre Dure e ringrazio Marco Ciatti”. Nel ricordare che l’idea del restauro presso l’Opificio era maturata in precedenza quando era direttore Antonio Natali e Cristina Acidini Soprintendente, Eike D. Schmidt ha ringraziato Maria Vittoria Rimbotti “Senza di lei questo restauro non sarebbe partito e portato a termine. Firenze esempio nel mondo sia per il centro per il restauro che per la munificenza, è una cosa unica e un privilegio ”.
“E’ stata una sfida impegnativa – ha detto il Soprintendente dell’Opificio Marco Ciatti – un restauro che era ritenuto impossibile, ma grazie alla metodologia dell’Opificio che trasforma il restauro in ricerca e ne permette la conoscenza si può operare, del resto anche l’Ultima Cena del Vasari di S. Croce era considerato tale. Lo stato di conservazione rendeva molto difficile il recupero, la presenza di materiali ossidativi ne avevano limitato l’aspetto visivo soprattutto la spazialità e il chiaroscuro, senza contare che la natura dell’opera incompiuta ha reso più difficile il restauro e il progetto di ricerca. Leonardo, a differenza dei suoi colleghi del tempo, schizza direttamente sulla tavola con diversi pentimenti, queste varianti ci lasciano il dubbio su quale poteva essere quella definitiva, una condizione irregolare che rispetta il suo temperamento. E’ un capolavoro riscoperto in tutti i sensi e la mostra avrà due momenti di approfondimento, a giugno la pubblicazione di un volume e a settembre una giornata di studio.” “ Ricordo la lotta mediatica – ha detto Maria Vittoria Colonna Rimbotti – nei confronti del restauro, sostenuto da Paolucci, e fu chiesto all’associazione di contribuire, un restauro dispendioso ma si trattava del nostro museo e tutto è avvenuto molto silenziosamente. L’emozione che mi ha dato questo quadro è stata grande, la fragilità del supporto in legno mi ha trasmesso la fragilità del mondo e la nostra associazione si è sempre prestata per restauri impossibili come per la Madonna della Gatta, ringrazio i direttori della Galleria e Ciatti per questo importante ritorno che rappresenta l’espressione più alta dell’inquietudine creativa di Leonardo”.