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L’antica tecnica del “Guillochè” rivive sulla stilografica dedicata ad Alessandro Manzoni

L’antica tecnica del “Guillochè”, una lavorazione tipica dell’oreficeria, rivive sulla superficie della stilografica dedicata ad Alessandro Manzoni delineando un decoro che disegna la silhouette del cappuccio e del fusto con delle fasce verticali formate da linee che si intrecciano a formare dei rombi e a dare vita a quello che viene generalmente definito un decoro in  “grain d’orge” o più comunemente a “chicco di riso”.

Chiamata nel mondo anglosassone engine turning, la lavorazione guillochè è una tecnica di cesellatura meccanica usata per realizzare incisioni geometriche regolari su un oggetto, spesso di metallo, l’origine infatti proviene dal mondo della gioielleria, ma nel caso delle penne stilografiche il suo impiego è stato ampio anche su materiali come la celluloide e l’ebanite.

La lavorazione viene svolta da una apparecchiatura meccanica composta da un banco in cui viene posizionato l’oggetto da decorare e un blocco che porta l’utensile di incisione , la macchina consente lo spostamento dell’oggetto che viene fatto scorrere su delle guide. L’utilizzo della macchine per questo tipo di lavorazione è sempre di carattere manuale ed è la capacità di colui che svolge questa operazione a garantire l’uniformità delle incisioni che a volte risultano particolarmente complessi.

Questa tecnica è stata usata e lo è ancora oggi per le stilografiche rivestite completamente  in metallo, ma lo è stato anche per stilografiche in ebanite, poi per quelle in celluloide fino ad arrivare alle moderne resine e  materiali termoplastici. La cesellatura infatti era un modo per arricchire l’aspetto estetico della stilografica, in particolare per quelle in ebanite che erano essenzialmente di colore nero e si prestavano a questo tipo di lavorazione con una certa facilità al punto che nel gergo del collezionismo è stato coniato il termine Black Chased Hard Rubber ( BCHR) che sta ad indicare questo tipo di stilografiche.

Data la fragilità del materiale, l’ebanite veniva spesso rivestita da scheletri in metallo, prezioso e non, molto spesso oro e argento massiccio che venivano decorati con incisioni, motivi  geometrici e a chicco di riso, arricchendo in questo modo la superficie della stilografica destinata a diventare un vero e proprio gioiello da usare nelle occasioni importanti e da collezionare.

 

 

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