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La Divina Commedia rivive sulla Pietra di Firenze come accadeva nel Seicento

E’ una pietra antica, la sua formazione geologica nei fondali marini risalirebbe a 50 milioni di anni fa. Roccia sedimentaria  composta da calcare compatto e argilla è tipica della colline nei dintorni di Firenze, dove dal 1500 viene estratta, operazione che avviene in maniera del tutto casuale, non essendoci delle cave vere e proprie, caratteristica questa che la rende particolarmente rara. E’ la “Pietra paesina” così chiamata per il fatto di nascondere al suo interno, una volta tagliata, dei meravigliosi disegni che potrebbero essere  opera di un pittore ma che al contrario sono esclusivamente opera della natura.

Conosciuta nel mondo anche come “Pietra di Firenze”, la migliore pietra paesina proviene proprio dalle colline intorno alla città e i suoi componenti presenti e combinati in maniera diversa conferiscono le straordinarie colorazioni degne di una tavolozza, il calcare conferisce il color grigio chiaro, gli ossidi di ferro la rara colorazione rosso-marrone, il manganese per il nero e con l’argilla si ottiene l’azzurro. Oltre alle diverse colorazioni si hanno poi dei disegni, delle vere e proprie raffigurazioni che sembrano evocare rovine, paesaggi, scorci, marine, tutti impressi sulla pietra che una volta tagliata viene sottoposta a lucidatura.

Tra i grandi estimatori di questa pietra anche la famiglia de’ Medici. Nel 1588 Ferdinando I de’ Medici istituì a Firenze l’Opificio delle Pietre Dure per la ricerca e la lavorazione di tutte le pietre dure tra cui anche la paesina e fu in occasione della costruzione dell’altare per le Cappelle Medicee che diede incarico al frate domenicano Agostino del Riccio di ricercare e descrivere tutte le pietre utili allo scopo che si potevano trovare nel Granducato di Toscana.

“…In Arno assai frombole, et sassi, che hoggi di’ s’usano segare così poi lustrare, che in essi si veggono varie fantasie, et scherzi, che fa la Madre natura” scriverà lo stesso Agostino del Riccio nel 1597 nella sua Istoria delle Pietre riferendosi ad alcune pietre raccolte nell’Arno e che rispondono in pieno alla caratteristica della paesina.

Per i suoi singolari disegni e le varietà cromatiche la pietra paesina fu usata a Firenze dal XVI secolo in poi sia per decorare mobili con la tecnica del “commesso fiorentino”, ancora oggi utilizzata da alcuni artigiani e che consiste nel costruire in mosaico con pietre diverse commesse insieme, sia come fondale per opere pittoriche in cui i paesaggi naturali offrivano una base immediata da completare con figure umane e animali.

Qui possiamo ammirare un’opera contemporanea frutto del lavoro di miniaturisti fiorentini che si sono ispirati al XXI Canto dell’Inferno per una pittura su paesina dagli esiti straordinari. E’ la visione della V Bolgia del VIII Cerchio, in cui sono puniti di barattieri, Dante e Virgilio incontrano i Malebranche capeggiati da Malacoda, è la mattina di sabato 9 aprile del 1300 verso le sette. I diavoli hanno il compito di sorvegliare i barattieri ed impedire che emergano in superficie, sarà Virgilio a parlare a Malacoda, a capo di questo sgangherato gruppo di diavoli che per superare il passaggio alla bolgia successiva li affiderà a una scorta di dieci diavoli.

Come non ricordare a tal proposito  “Dante e Virgilio durante la discesa all’inferno” di Francesco di Jacopo Ligozzi conservato al Museo dell’Opificio delle Pietre Dure, fu lui insieme a Filippo Napoletano e Stefano della Bella all’inizio del 600 tra i maggiori esponenti di questa pittura su pietra paesina di cui sono particolarmente ricche le raccolte medicee.

 

 

 

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