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Dai Musei Vaticani la “Pietà” di Van Gogh per Divina Bellezza

Un’eccezionale esposizione dedicata alla riflessione tra arte e sacro nel periodo che va dalla metà dell’Ottocento fino alla metà del secolo scorso è stata appena inaugurata a Firenze nella sede di Palazzo Strozzi. Oltre cento opere di artisti italiani e internazionali, come Domenico Morelli, Lucio Fontana, Emilio Vedova, Vincent Van Gogh, Jean – Francois Millet, George Rouault, Henri Matisse e molti anni altri ancora, sono esposti, fino al 26 gennaio, in occasione di “Bellezza divina.

Tra Van Gogh, Chagall e Fontana”, un’occasione straordinaria che permette di mettere a confronto opere studiate e molto note, accanto ad altre di artisti meno conosciuti ma che hanno contribuito ad arricchire il linguaggio dell’arte sacra. Curata da Lucia Mannini, Anna Mazzanti e Ludovica Sebregondi, sotto la direzione di Carlo Sisi, l’evento è inserito nelle manifestazioni organizzate in occasione del V Convegno ecclesiale Nazionale che si terrà a Firenze dal 9 al 13 novembre e che vedrà la partecipazione del Santo Padre.

Come immagine simbolo della mostra è stata scelta la “Pietà” di Vincent Van Gogh, un olio su tela, delle dimensioni di appena cm.41,5×34, dipinto nel 1889 in prestito dalla Collezione d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani. Un soggetto insolito, raramente infatti l’artista si cimenta in temi a carattere esplicitamente religioso ed è questa l’unica volta in cui egli rappresenta l’immagine di Cristo. L’opera è una reinterpretazione della “Pietà” eseguita nel 1850 da Eugène Delacroix e che Van Gogh non vide mai nella sua versione originale ma solo attraverso un’ incisione che possedeva personalmente e che a causa di un danneggiamento, decise di riprodurre e di farne una nuova lettura, attraverso il suo personale linguaggio.

Ne farà due copie, una più grande, conservata al Van Gogh Museum di Amsterdam e questa più piccola. Il centro della composizione è la Madonna nella sua veste di Mater dolorosa con le mani protese in avanti, dure e incallite, mani di contadina che richiamano alla poetica dell’autore, sempre attenta alle ragioni e alle sofferenze degli ultimi, con una straordinaria gamma cromatica ridotta agli azzurri, grigi e gialli che ne potenzia il messaggio. Come nota Ludovica Sebregondi ne I Volti di Cristo Nonostante la vocazione religiosa e mistica di Van Gogh, l’artista rappresentò raramente soggetti sacri, e lo fece ispirandosi a opere di pittori di poco antecedenti : nel Vesperbil viene espressa pateticamente la solitudine e la disperazione delle due figure. Una Pietà, quella di Van Gogh, che attraversa il tempo e lo spazio: impossibile correlarla all’età in cui visse Cristo e alla regione in cui morì; più facile invece tradurre il dolore antico nei luoghi e nel tempo del pittore”.

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