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Quando si intingeva il pennino nel calamaio

La nascita della penna stilografica, alla fine dell’Ottocento, grazie a Waterman che ne iniziò la produzione a livello industriale rivoluzionò il mondo della scrittura che sino ad allora era fatto di penna, inchiostro e calamaio, una combinazione che solo a nominarla ci parla di secoli di storia e che rimanda indietro nel tempo quasi alla nascita della stessa scrittura.

E’ infatti dal 500 d.c. fino alla metà dell’Ottocento che la penna d’oca viene usata per scrivere, le penne dovevano essere di volatile di taglia media, oca, cigno, tacchino, fagiano e venivano usate solo le prime tre alari destre, le sinistre infatti avevano una curvatura che non consentiva una buona impugnatura. La penna d’oca poi veniva temperata con il calore, poi tagliata, appuntita e fessurata. Indispensabile per la scrittura il “quill cutter” necessario per tagliare e affilare la punta, insieme al calamaio e dei pennini, di riserva, sempre di piuma d’oca,  erano il corredo necessario per la scrittura.

Il calamaio, la cui parola deriva dal greco “calamos” è un recipiente, spesso di vetro, porcellana o altri materiali, per la conservazione dell’inchiostro, il calamo infatti era l’asticella appuntita o l’estremità di una penna di un grande uccello o un pennino in posizione fissa su un’asticella. L’inchiostro infatti doveva essere collocato in un contenitore che ne limitasse la sua evaporazione e l’esposizione all’aria.

Questa necessità non fece altro che alimentare la fantasia degli artigiani e dei produttori che si sbizzarrirono nelle fogge e nelle forme. Nell’antichità per contenere gli inchiostri venivano usate perfino conchiglie e corna di animali fino ad arrivare alla creazione delle moderne boccette e ai flaconi di vetro. Si diffusero anche i calamai da viaggio con la chiusura di sicurezza che permetteva il trasporto dell’inchiostro senza alcuna perdita, piccoli astucci, talvolta con la funzione di scrittoi portatili in cuoio e metallo che erano completi di tutto l’occorrente, dalla carta alla ceralacca.

Oltre a sviluppare la fantasia di artigiani nella creazione di calamai che sono delle autentiche opere d’arte, esistevano anche delle problematiche legate al deterioramento dell’inchiostro dovuto all’evaporazione e alla contaminazione con la polvere. Per far fronte a questo Noel Pierre ChaulinPapetier du Roi” , fornitore della cancelleria dei reali di Francia, inventò nel 1836 un “calamaio a sifone” prendendo spunto dagli abbeveratoi per gli uccellini e che lui stesso definì “ Nuovo calamaio a livello costante chiamato Calamaio a sifone, che protegge l’inchiostro da evaporazione e depositi e lo mantiene sempre vivamente colorato e fluido”. Una tipologia di calamaio che fu abbastanza popolare durante tutto il XIX secolo in Francia e in Inghilterra.

Oggi la maggior parte di questi esemplari sono oggetto di collezionismo antiquario e vale la pena scorrere i cataloghi delle aste, anche in Italia, dove tra gli oggetti messi in vendita può capitare di trovare anche un prezioso calamaio. Come quello che andrà in asta domani alla Casa d’Aste Pananti di Firenze,  di fattura inglese del  XIX secolo, in argento sbalzato e cesellato, con una base a volute contrapposte , porta inchiostro a forma di cornucopie con coperchi fioriti e bugia centrale, sul piatto è presente una iscrizione commemorativa e nel fondello il marchio dei costruttori Joseph Angell sr. & John Angell, semplicemente meraviglioso!

https://www.firenze1903.it/stilografiche-da-collezione-limited-edition-vallecchi1903/

 

 

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