“…la condusse senz’ombre e con un colorito chiaro e tanto unito, che a pena si conosce il lume dal mezzo et il mezzo da gli scuri. In questa tavola è il Cristo morto, deposto di croce, il quale è portato alla sepoltura; èvvi la Nostra Donna che si vien meno e l’altre Marie fatte con modo tanto diverso dalle prime, che si vede apertamente che quel cervello andava sempre investigando nuovi concetti e stravaganti modi di fare, non si contentando e non si fermando in alcuno”.
Così il Vasari ci descrive la celebre “Deposizione dalla Croce” di Jacopo Pontormo, opera suprema del celebre manierista che ritroviamo all’interno del volume d’arte I Volti di Cristo – Volti di Misericordia e che l’artista realizzò insieme alla decorazione della cappella Barbadori-Capponi nella Chiesa di Santa Felicita a Firenze, eseguita a cavallo tra gli affreschi per la Certosa del Galluzzo e la splendida “Visitazione” di Carmignano, tra il 1525 e il 1528.
La Cappella dedicata alla Vergine Annunziata e oggi tappa privilegiata per tutti gli appassionati della pittura “della maniera” fu realizzata da Filippo Brunelleschi ma con l’intervento pittorico del Pontormo, voluto da Ludovico Capponi e divenne un vero e proprio esempio di dinamica manierista con un’ esplosione di libertà mai prima espressa dall’artista. La pala dell’altare, capolavoro indiscusso è espressione di uno dei momenti di più alta spiritualità ed intensa drammaticità.
Non sono certo da meno gli altri affreschi che decorano la cappella, come “l’Annunciazione” nella parete di destra con la finestra, dove tra le lievi immagini dell’Angelo Annunciante e della Vergine venne in seguito collocato un monumento – reliquario per San Carlo Borromeo con una edicola a marmi policromi realizzata dall’Opificio delle Pietre dure, nel Seicento. I numerosi interventi che si sono succeduti a partire dal XVI secolo hanno profondamente mutato l’aspetto originario della cappella in particolare per la parte decorativa, solo in parte riportata alla luce nel restauro del 1936, che ha rivelato la luminosità dell’oro e dell’azzurro, emblemi dei Barbadori. Ma se non rimane traccia dell’affresco raffigurante “Dio Padre” e quattro “Patriarchi”, oggi è invece possibile ammirare le immagini degli Evangelisti, nei quattro tondi entro i pennacchi che a detta del Vasari “sono molto migliori e d’un’altra maniera”.