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In ricordo di Ardengo Soffici, tra “Scoperte e massacri”

Tra i personaggi che dettero vita all’avventura vallecchiana un ruolo di primo piano è senza dubbio per Ardengo Soffici che oggi, in occasione dell’anniversario della nascita, avvenuta il 7 aprile del 1879, vogliamo ricordare. Ci troviamo davanti a una figura estremamente poliedrica i cui contributi allo sviluppo della  cultura del Novecento sarà sia nell’ambito della pittura che in quello della letteratura, come narratore, saggista e poeta, senza dimenticare l’abilità nel disegnare e ideare  alcune testate, come quella della rivista “Lacerba  e di  libri futuristi, primo fra tutti il “BIF§ZF +18. Simultaneità e Chimismi lirici”, pietra miliare della letteratura futurista, che  ce lo propongono anche nella veste di un  moderno designer ante litteram.

Dopo aver studiato a Firenze all’Accademia di Belle Arti nel 1898, alla morte del padre si trasferisce presso una zia  a Poggio a Caiano e nel 1904 si stabilisce a Parigi dove entrerà in contatto con riviste culturali con le quali collaborerà e dove pubblicherà anche i suoi disegni, conoscerà Picasso, Max Jacob e tanti altri esponenti del mondo dell’arte e della cultura. Nel 1907 farà rientro in Italia e nel 1909 pubblicherà il suo primo romanzo a sfondo autobiografico “Ignoto Toscano”  a cui farà seguito nel 1911 “Lemmonio Boreo”, sempre di quell’anno è il libro sul poeta maledetto “Arthur Rimbaud”. La sua stroncatura della mostra futurista allestita a Milano nel 1911 su La Voce “ Arte libera e pittura futurista” sarà l’occasione per i futuristi per una spedizione punitiva alle Giubbe Rosse, dove si riuniscono i vociani, ma la violenta scazzottatura si concluderà poi con “una discussione artistica e pittorica delle più appassionate” e la conversione di Papini e Soffici al futurismo innovatore.

Nel 1912 è di nuovo a Parigi dove entrerà in contatto con Severini, con Papini elaborerà il progetto di una rivista propria e il 1 gennaio del 1913 nasce “Lacerba” che, con le sue importanti collaborazioni, sia italiane che estere, diventa l’organo ufficiale del futurismo. Sempre nel 1913 pubblica “Cubismo e oltre” in cui viene legittimata la storicizzazione del futurismo in quanto movimento destinato a superare il cubismo. Nelle opere pittoriche realizzate tra il 1912 e il 1913 interpreta il dinamismo e la simultaneità come sinergie e compenetrazioni di piani e volumi, nascono così “ Linee di volumi in una persona”(1912), “ Compenetrazione di piani plastici” ( 1913), “Sintesi di paesaggio autunnale” (1913) e molti altri capolavori in cui nel futurismo si attua una posizione dialettica nei confronti di Cézanne di Picasso.

Nel 1914 è a Parigi a contatto con Picasso ed Apollinaire, pubblica “Cubismo e Futurismo” sviluppando le idee precedenti e da alle stampe “Arlecchino”, libro di impressioni, appunti, abbozzi. Nel 1915 compaiono “Giornale di Bordo “ e “BIF§ZF +18. Simultaneità e Chimismi lirici”, ma 1915 è l’anno della partenza per la guerra e al suo ritorno,  mutato è lo scenario,  non potrà che prendere atto della nuova realtà. Si dedicherà principalmente alla pittura e sul versante letterario saranno importanti i suoi contributi dal punto di vista della saggistica e della memorialistica.

In particolare ci piace segnalare gli scritti sull’arte “Scoperte e massacri” pubblicati nel marzo del 1919, dopo essere apparsi su “La Voce” tra il 1908 e il 1913, e poi editi da Vallecchi nel 1976 nella Biblioteca  diretta da Luigi Baldacci, con invito alla lettura di Carlo Ludovico Ragghianti che di lui scriverà  : “ Certo, questa è la stagione solare di Soffici scrittore d’arte, che non tornerà più malgrado la continuazione e intensificazione della professione critica e pedagogica. Vaniscono in una sorta di grigiore i critici suoi contemporanei, il neutro, informativo ma piatto Pica, l’Ojetti “azzimato e dall’aspetto fra di tenore e di diplomatico”…in queste condizioni, s’intende non solo come la figura di Soffici campeggi quasi da sola e donchisciottesca in questo ingresso del secolo, tra larve di esteti, poligrafi ignoranti, professori renitenti, e come si imponga agli ansiosi e ai desiderosi di illuminazione, e impronti subito una generazione di più giovani scrittori, Marangoni, Cantù, Longhi, Cecchi, Raimondi ed altri che non dimenticheranno mai l’avviamento ricevuto dall’estro primo e falcato di un poeta che aveva scoperto nella pittura francese dell’Ottocento, com’egli la interpretava, una parte viva della sua identità”.

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