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In Campania Neapolis, in Etruria Florentia, in Gallia cisalpina Mediolanum, in Liguria Genoa

Stretta tra il Mare Adriaticum e il Mare Thirenum è un Italia moderna perfettamente delineata con i centri urbani e le fortificazioni, i rilievi, i corsi d’acqua, i laghi, la pianura Padana, le isole, in un marrone dai contorni dorati e qualche tocco di rosso usato per definire le cime vulcaniche, circondata dal blu intenso dei mari che la contengono. E’ la prima volta che dell’Italia viene data una descrizione delle regioni interne dettagliate, del resto anche l’Italia fa parte delle “carte novelle”, ovvero le nuove carte frutto delle navigazioni portoghesi e  che vennero introdotte per la prima volta da Niccolò Germano  che, se da una parte svilupparono il dibattito su Tolomeo, dall’altra ne misero in mostra pregi e difetti.

Tutto questo accadeva a Firenze in pieno Umanesimo. E’ in questo ambiente che opera il cartografo tedesco Enrico Martello a Firenze tra il 1480 e il 1496 autore del codice membranaceo conservato alla Biblioteca Nazionale di Firenze con la dicitura Magl.XIII, dove le carte novelle sono accompagnate da introduzioni, come già proclamato nel suo programma di lavoro, di corredarle con historie tratte da ex autoribus plurimis, rispettando in questo modo la tradizione umanistica. Pur avendo tracce di continuità con le precedenti rappresentazioni della prima metà del Trecento, la carta dell’Italia viene rappresentata con un notevole perfezionamento riguardo alla figurazione cartografica della penisola.

La geografia di Claudio Tolomeo fu introdotta  a Firenze grazie al dotto bizantino Manuele Crisolara che vi giunse nel 1397 per insegnare Greco. La traduzione in latino della Geografia fu iniziata da Crisolara durante il suo soggiorno, fino al 1340 e venne completata dall’allievo Iacopo Angeli da Scarperia che utilizzò un testo che conteneva diverse opere scientifiche, oggi conservato alla Biblioteca Apostolica Vaticana e che Crisolara aveva portato con se insieme ad altri codici. Tra gli altri importanti nomi che lavorarono alla realizzazione del codice, destinato a Carlo Maria Vitelli di Città di Castello,  l’amanuense Niccolò Mangona che trascrisse l’opera in littera antiqua , Gherardo e Monte di Giovanni a cui si devono le ricche miniature e i fregi rinascimentali che vanta il manoscritto.