“ In scultura come in pittura non si può rinnovare se non cercando lo stile del movimento, cioè rendendo sistematico e definitivo come sintesi quello che l’impressionismo ha dato come frammentario, accidentale, quindi analitico. E questa sistematizzazione delle vibrazioni delle luci e delle compenetrazioni dei piani produrrà la scultura futurista, il cui fondamento architettonico, non soltanto come costruzione di masse, ma in modo che il blocco scultorio abbia in sé gli elementi architettonici dell’ambiente scultorio in cui vive il soggetto. Naturalmente, noi daremo una scultura d’ambiente”.
E ancora “ Rovesciamo tutto, dunque e proclamiamo l’assoluta e completa abolizione della linea finita e della statua chiusa. Spalanchiamo la figura e chiudiamo in essa l’ambiente… Possiamo infine affermare che nella scultura l’artista non deve indietreggiare davanti a nessun mezzo pur di ottenere una realtà. Nessuna paura è più stupida di quella che ci fa temere di uscire dall’arte che esercitiamo. Non v’è né pittura, né scultura, né musica, né poesia, non v’è che creazione!”
L’11 aprile del 1912 a Milano Umberto Boccioni firma il suo “Manifesto tecnico della Scultura futurista” in cui nella parte conclusiva elenca i punti programmatici di questa nuova sensibilità plastica come il punto due che proclama l’abolizione nella scultura e in ogni altra forma di arte de “il sublime tradizionale dei soggetti”, e nel punto quattro la negazione di una sola materia esclusiva in un insieme scultoreo a favore di una pluralità di materie come : “vetro, legno, cartone, ferro, cemento, crine, cuoio, stoffa, specchi , luce elettrica”, mentre al punto nove si afferma che “ La cosa che si crea non è che il ponte tra l’infinito plastico esteriore e l’infinito plastico interiore, quindi gli oggetti non finiscono mai e si intersecano con infinite combinazioni di simpatia e urti di avversione”. Fino al monito finale in cui afferma che “Bisogna distruggere il nudo sistematico; il concetto tradizionale della statua e del monumento!”, oltre a “Rifiutare coraggiosamente qualsiasi lavoro, a qualsiasi prezzo, che non abbia in sé una pura costruzione di elementi plastici completamente rinnovati”.
Ma l’approccio di Boccioni non sarà esclusivamente teorico e programmatico, in quegli stessi anni darà vita a una serie di opere destinate a rimanere nella storia dei grandi capolavori dell’arte di tutti i tempi, come “Forme uniche della continuità nello spazio”, bronzo del 1913 a cui ci siamo ispirati alcuni anni per la realizzazione della stilografica “1909” o “Dinamismo di un cavallo in corsa + case” legno, cartone, latta, rame del 1914, collezione Guggenheim, solo per citare le sculture più note, mentre sul versante pittorico troviamo “Dinamismo di un corpo umano” 1913, Milano Civico Museo d’Arte contemporanea o “ Dinamismo di un Foot-baller”, The Museum of Modern Art di New York.
All’inizio del 1914 sarà pubblicato nelle edizioni futuriste di “Poesia” il suo saggio “Pittura Scultura Futuriste” che ritornerà in edizione Vallecchi nel 1977, nella collana diretta da Luigi Baldacci e con la curatela di Lara Vinca Masini, in cui sintetizza i fondamenti teorici del movimento esponendo le origini e la maturazione dell’estetica futurista, suscitando non poche polemiche. Nel 1915 si arruolerà nel Battaglione dei Volontari Ciclisti e parteciperà ad alcune operazioni di guerra, allo scioglimento del battaglione farà ritorno a Milano e riprenderà con rinnovato vigore l’attività artistica che si aprirà un particolare interesse nei confronti della pittura di Cézanne. Nel luglio del 1916 sarà richiamato alle armi e assegnato a un reggimento di artiglieria da campagna a Sorte nei pressi di Verona e il 17 agosto dello stesso anno morirà in un ospedale militare a seguito di ferite riportate in una caduta da cavallo. Oggi una grande mostra a Palazzo Reale a Milano “Umberto Boccioni. Genio e Memoria” lo celebra in occasione del centenario della morte ( 1882-1916) .