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Michelangelo e Domenico Ghirlandaio “Costui ne sa più di me”

Particolare degli affreschi della Cappella Maggiore in Santa Maria Novella

Avvenga che uno de’ giovani che imparava con Domenico, avendo ritratto alcune femmine di penna, vestite dalle cose del Grillandaio, Michelagnolo prese quella carta e con la penna più grossa ridintornò una di quelle femmine di nuovi lineamenti nella maniera che arebbe avuto a stare”. L’episodio narrato dal Vasari nelle sue Vite ci riporta al periodo in cui giovinetto Michelangelo si trova presso la bottega dei Ghirlandaio, lo stesso disegno da lui conservato verrà mostrata al maestro quando si trovava a Roma nel 1550  “ che la riconobbe – secondo quanto scrive il Vasari – et ebbe caro rivederla, dicendo per modestia che sapeva di questa arte più quando egli era fanciullo, che allora che era vecchio”.

E ancora la narrazione prosegue con il celebre aneddoto in cui mentre erano in corso i lavori per affrescare la  Cappella Maggiore  in Santa Maria Novella, Michelangelo si mise a disegnare dal vero il ponte che usavano gli artisti per la realizzazione dell’affresco, sul quale erano appoggiati gli strumenti di lavoro ed alcuni dei giovani che vi stavano lavorando e visto tale disegno il Ghirlandaio disse  “ Costui ne sa più di me e rimase sbigottito della nuova maniera e della nuova imitazione, che dal giudizio datogli dal cielo aveva un simil giovane in età così tenera, che invero era tanto quanto più desiderar si potesse nella pratica d’uno artefice che avesse operato molti anni”.

Poco più che dodicenne, Michelangelo che desiderava assecondare la sua passione avversata dalla famiglia che lo voleva uomo di lettere o notabile, entrò nella bottega di Domenico Ghirandaio, uno dei pittori più rinomati di Firenze. “ 1488. Ricordo questo dì primo d’aprile – scrive il Vasari nelle Vite – come io Lodovico di Tommaso di Currado per anni tre prossimi a venire; con questi patti e modi : che l’detto Michelagnolo debba stare con i sopraddetti detto tempo a imparare a dipingere, ed a fare detto esercizio, e ciò i sopraddetti gli comanderanno”.

Con l’intento di  mostrarsi ai posteri dotato di una autonoma vocazione e senza una scuola di riferimento Michelangelo più volte in vita cercherà di ricacciare nell’ombra i suoi maestri,   mentre secondo i contemporanei fu un giovane amico, il pittore Francesco Granacci ad introdurlo in quella che al tempo era considerata una delle più importanti e meglio organizzata bottega fiorentina. Oltre a Domenico e ai fratelli David e Benedetto e al figlio Ridolfo vi lavoravano molti talenti tra cu anche Lorenzo di Credi.

Fucina importante e per tutto il Quattrocento luogo deputato alla formazione degli artisti la bottega del Ghirlandaio rimase attiva per oltre un secolo, qui venivano infatti raccolti modelli e disegni che fungevano da esempio. Secondo quando tramandato dal Condivi pare che Michelangelo avesse chiesto il permesso di consultare un libro del suo maestro che gli venne negato.

Come nota Cristina Casoli nel saggio di presentazione dell’opera “Michelangelo I disegni più belli” “… doveva trattarsi quasi certamente di un taccuino di disegni, raccolta grafica di antichità, ornati, paesi, dettagli sul tipo di quel famosissimo Codex Escurialensis che un tempo era attribuito proprio alla bottega del Ghirlandaio e che oggi viene assegnato invece ad altri autori; quei modelli dovettero passare per le mani di molti artisti a Firenze esercitando grande influenza.”

Come è noto la frequentazione della bottega del Ghirlandaio fu di breve durata, il periodo stabilito nel contratto dei tre anni non venne concluso, Michelangelo venne accolto nel Giardino di San Marco dove accanto allo studio dell’arte classica meditò sui gloriosi artisti fiorentini, Giotto, Donatello, Masaccio nelle cui opere trovò una conferma al suo ideale estetico di essenziale monumentalità.

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