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Celluloide. Quando il colore diventa protagonista

Resistente agli urti, elastica, infrangibile, impermeabile all’acqua, facile da lavorare, sono numerose le caratteristiche della celluloide ma quello che la rende particolarmente attraente nella produzione delle penne stilografiche è l’infinita capacità di colorazioni che può assumere e  che la eleggerà a protagonista nelle stilografiche prodotte tra le due guerre che raggiungeranno combinazioni  fino a quel tempo impensabili garantendo un grande successo di mercato.

Inventata intorno al 1863, la celluloide si ottiene dalla lavorazione della cellulosa con acido nitrico e canfora alcolata, il materiale scaldato diventa malleabile, piegato e trattato a stampo, molto più elastica, leggera e lavorabile dell’ebanite, infrangibile, presenta però il problema della perdita di umidità e del restringimento, ecco perché ha dei tempi di lavorazione molto lunghi soprattutto per l’essiccazione, che consente di eliminare i residui di umidità, per questo veniva stagionata fino a dodici mesi, attraverso trattamenti al forno alternati a fasi di semi lavorazione.

Il nome che si è affermato comunemente in realtà corrisponde al nome del marchio depositato dal suo produttore, la Celluloid Manufacturing Company che ne deteneva i diritti, ecco il motivo per cui ogni grande casa produttrice di penne la nominò in maniera diversa aprendo la strada ad un fantasioso ventagio terminologico, la Sheaffer la chiamò Radite, alla Parker Permanite, all’Italiana Aurora Aurolite, e così via; senza contare le combinazioni con altri materiali che dettero vita ad ulteriori mix con cui venivano prodotte sempre nuove e diverse penne stilografiche, come la Carter che mescolando celluloide e madreperla dette vita al Pearltex, un effetto analogo sarà proposto da Sheaffer nel modello Abalone.

Sfogliare un ideale catalogo dell’epoca con le proposte delle case costruttrici più importanti è una gioia per gli occhi per la grande varietà sia di modelli che di colorazioni a cui i grandi produttori erano arrivati per differenziarsi e attrarre sempre di più i loro clienti. Oltre alle colorazioni tra loro combinabili, dal verde giada al blu e perla, al rosso screziato solo per citare alcuni, la celluloide permetteva l’inserimento di piccoli frammenti, sotto forma di fili metallici, piccole forme, quadratini di madreperla o avorio, polveri dorate, oltre alle varie lavorazioni che la vedono striata, quadrettata, marmorizzata, con motivi a spirale, laminata.

Tutte le case costruttrici sfruttarono le potenzialità della colorazione infinita, offerte da questo nuovo materiale, il modello Patrician di Waterman uno trai primi ad essere realizzato in celluloide nel 1929 era disponibile nelle colorazioni : onice, turchese, smeraldo, nero e perla, agata.

Secondo alcuni il primo ad introdurre nel mercato stilografiche prodotte con il nuovo materiale sarebbe stato Sheaffer che lo avrebbe fatto nel 1924 con il modello Lifetime che introduce anche il marchio di garanzia a vita, il White Dot, punto bianco, caratterizzati da una particolare rigidezza i pennini di questi modelli erano particolarmente adatti per il lavoro in ufficio. Per altri la prima azienda americana ad usare la celluloide per il mercato e in maniera estensiva sarebbe stata LeBoeuf che la usò già dal 1920 grazie a un brevetto per la produzione di tubi, mentre a contestare tale primato sarebbe la Conwey Stewart.

Negli anni ’40 con la diffusione delle resine plastiche e con i numerosi vantaggi derivati dalla loro lavorazione l’uso della celluloide nel grande mercato della stilografica verrà abbandonato per rimanere ancora oggi appannaggio di qualche preziosa limited edition di aziende artigiane coma la fiorentina Stipula in grado di continuare, con importanti risultati,  la tradizione della stilografica in celluloide.

Alcune delle informazioni presenti in questo articolo sono state tratte dal sito https://www.fountainpen.it

 

 

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