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Dominus illuminatio mea nel Salterio di Federico II

Salterio di Federico II

L’Adorazione dei Magi è un tema ricorrente nell’iconografia della tradizione cristiana che nei secoli avrebbe costruito attorno a questo episodio del Vangelo una sorta di sacra rappresentazione, in cui i gesti dei protagonisti mettono in scena una sorta di drammaturgia liturgica.

E’ quello che accade anche in questa immagine miniata posizionata al centro della carta 36r del Libro dei Salmi di Federico II conservato con la segnatura 323 alla Biblioteca Riccardiana di Firenze, raro esempio di codice membranaceo, commissionato da Federico II per le nozze con la sua terza moglie Isabella d’Inghilterra in cui la tradizione stilistica bizantina viene reinterpretata e si fonde con i motivi dell’arte occidentale. La Madonna seduta in trono presenta il Bambino al più anziano dei re Magi che si inginocchia davanti a lui, mentre alle spalle, il secondo mostra all’altro la stella che li ha indirizzati lungo il cammino.

La Vergine Maria, come da consuetudine viene raffigurata con una tunica azzurra e un manto violaceo che le avvolge il capo, questi indumenti sempre uguali la contraddistinguono e la rendono subito riconoscibile in tutte le scene che troviamo nelle vignette. I Magi invece indossano le vesti del periodo tardo antico, le fasce che avvolgono il polpaccio, le calze, le tuniche lunghe al ginocchio, l’ampio mantello tenuto con una fibbia sulla spalla.

La regalità dei protagonisti è sottolineata dalla decorazioni in oro degli abiti, ricami applicati che si distinguono per le forme geometriche rettangolari, così come è curiosa la forma della corona, mentre il trono in cui è assisa la Madonna è una grande sedia posta in obliquo, rispetto alla frontalità delle immagini bizantine.

Il cuscino su cui Maria poggia i piedi sembra un basamento di pietra, forse allusione alla Chiesa di cui la Madonna è mater et sponsa Christi, e forse sta anche a ricordare la pietra  del Santo Sepolcro. Anche lo schienale allude alla scala della fede, immagine simbolica e ricorrente della meditazione cristiana alla salita al cielo, il cammino della salita dell’uomo verso Dio  e della funzione di intermediaria svolta dalla Madonna.

Al centro della scena, il Bambino, raffigurato di fronte e protagonista dell’episodio in tutta la sua potenza e sacralità. Sullo sfondo la Grotta della Natività fa da raccordo spazio temporale a tutta la scena ponendosi come uno dei luoghi sacri più evocativi e meta di pellegrinaggio da parte dei fedeli.

Secondo il Buchthal nelle vignette, come in questa appena illustrata, si ritrova la stessa mano della grande pagina della carta di apertura, Il Beatus Vir, compendio di tutto l’apparato illustrativo. Solo in apparenza sembrano più narrative e discorsive, in realtà come sottolinea Giovanna Lazzi “ a un esame attento, anche le storie di minori dimensioni tradiscono dettagli di grande interesse e l’appartenenza a un ambiente assai colto e complesso”,  come fu quello in cui venne realizzato il regale manoscritto.

 

 

 

 

 

 

 

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