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Ne “I giocatori di Toppa” il dolore, continuo e infinito di Ottone Rosai

Sorgerà un artista come una brutta giornata. Una di quelle giornate d’inverno tutte nere, fredde, pungenti, dalla pioggia appuntita e frenetica che ti sbatte in faccia e sul corpo a cenciate, quasi fossero lanci a manciate di pruni.

Di dolore avrà fatta la vita, continuo, infinito, per non poter giungere a dare con la sua opera la pace a sé né agli altri.

Non conoscerà compromessi; tra i suoi atti e la sua arte tutto sarà coerenza. La croce addossatasi la porterà non come condanna, ma quale simbolo di fede. Unico tormento : l’arte; sola preoccupazione: donare.

Questi e non altri principii di un vero artista e di ogni essere che stia a rappresentare tra gli uomini un loro culmine di bellezza…”

Scriveva così nel 1937 sulle pagine del “Frontespizio”, la rivista diretta da Piero Bargellini, Ottone Rosai, ne “L’Essenziale”, in cui rivela la poetica e il suo modo di intendere il prodotto artistico, che si tratti di un dipinto o di una poesia o di un edificio, l’importante è che si mostri “con il volto reale della verità, non porterà scompiglio, non turberà né gli stessi uomini né le cose, ma darà luce alle tenebre e orgoglio alle genti”.

Nell’ampia produzione dell’artista fiorentino, fraternamente legato alla figura di Attilio Vallecchi che fu un suo grande sostenitore, collezionista e promotore della sua produzione ci sono alcune opere emblematiche  del suo percorso . Una fra queste è senza dubbio la grande tela del 1928 dal titolo “Giocatori di toppa”, delle dimensioni di cm. 160X200. Esposto per la prima volta a Milano in occasione della “Seconda Mostra del Novecento Italiano” nel 1929 e nelle più importanti rassegne dedicate all’artista, tra cui anche la personale al “Centro Culturale Olivetti” di Ivrea del 1957, anno della sua scomparsa, per anni in collezione Vallecchi, poi acquisita da Banca Toscana ed oggi prestigioso pezzo della Collezione del Monte dei Paschi di Siena.

L’opera attualmente è visibile al pubblico in occasione della mostra Toscana ‘900” da Rosai a Burri percorsi inediti tra le collezioni fiorentine” appena inaugurata nella suggestiva sede di Villa Bardini a Firenze e organizzata nell’ambito del Progetto Piccoli Grandi Musei . Nella mostra “Ottone Rosai, opere dal 1911 al 1957” a cura di Pier Carlo Santini che ebbe luogo nel 1983 nelle due sedi, prima del Circolo degli Artisti – Palazzo Graneri, poi a Roma alla Galleria Nazionale d’arte Moderna, i “Giocatori di toppa” chiudono la sezione del periodo 1919-1928, un decennio complesso in cui l’artista compone almeno un centinaio di quadri, tra cui diverse redazioni di “Via Toscanella”, “La Pergola”, ” l’Artigiano” e paesaggi rurali. Un periodo fertile che viene interrotto nel 1922 a cui faranno seguito anni di inattività e di tribolazioni e  che sarà ripreso solo a partire dal  1927. Un processo di tormento umano che viene riassunto con grande maestria nella grande tela della Toppa e che rimarrà a segnare in maniera indelebile la vita di questo grande artista fiorentino protagonista del Novecento italiano.

 

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