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Giotto rimutò l’arte del dipingere di greco in latino e ridusse al moderno a Palazzo Reale il Polittico della Badia

Come ebbe a notare Cennino Cennini alla fine del Trecento “ Giotto rimutò l’arte del dipingere di greco in latino e ridusse al moderno abbandonando l’astratto simbolismo dei modelli bizantini in favore di una pittura nella quale i personaggi sacri assumono atteggiamenti e fisonomie familiari con l’osservatore, come in questa pala d’altare dipinta per i monaci benedettini della Badia Fiorentina e oggi conservata alla Galleria degli Uffizi e attualmente in mostra a Palazzo Reale in occasione della mostra “Giotto l’Italia” fino al 10 gennaio 2016  che ritroviamo anche  tra le opere selezionate per l’opera di pregio firmata Vallecchi l’Oro di Dio.

Fonti storiche attendibili riferiscono della presenza di un polittico di Giotto sull’altare maggiore della Badia Fiorentina dove l’artista aveva anche affrescato la Cappella Maggiore e la parete sopra il portale originario. Perse le tracce nei secoli a seguire, l’opera per lungo tempo creduta perduta, venne rinvenuta nel XIX secolo da Ugo Procacci nel Museo di Santa Croce e  grazie a un cartellino apposto nel 1810, all’epoca delle soppressioni napoleoniche quando venne radunata con altre  nel convento  di San Marco per poi confluire nella basilica fiorentina.

Un’ umanità immediatamente ravvisabile nel gesto affettuoso di Maria che tiene la manina di Gesù mentre il Sacro Bambino afferra con l’altra lo scollo della veste, dando una naturalezza alla composizione che viene così calata nella dimensione quotidiana. Opera di ampio respiro, la tavola è composta da cinque scomparti cuspidati  su fondo oro che raffigurano al centro la Madonna col Bambino e ai lati i santi Nicola, Giovanni evangelista, Pietro e Benedetto, tutti racchiusi in cornici trilobate e concepite come finestre, dalle quali i personaggi sembrano affacciarsi.

Datata ai primi anni del 1300 e considerata un punto di passaggio tra gli affreschi di Assisi e le decorazioni della cappella degli Scrovegni a Padova, l’opera mostra il progressivo ampliamento della concezione volumetrica giottesca, con figure a mezzo busto di straordinaria consistenza corporea e saldamente collocate nello spazio, alle quali i ricchi panneggi delle vesti conferiscono una notevole profondità resa ancora più preziosa dai dettagli di raffinata eleganza come il pastorale dorato di san Nicola.

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