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Firenze. Al Museo Novecento “Exit Morandi” celebra un grande protagonista dell’arte del Novecento

Il 18 giugno 1964 Giorgio Morandi moriva nella sua Bologna e Roberto Longhi, tra i più celebri interpreti della sua opera, dichiarava  il proprio profondo turbamento con queste parole: “Non vi saranno altri nuovi dipinti di Morandi: questo è, per me, il pensiero più straziante”. A cinquantacinque anni dalla scomparsa del grande artista, il Museo Novecento, a Firenze, ospita Exit Morandi, una grande mostra dedicata alle opere dell’artista bolognese. La mostra che sarà aperta al pubblico fino al  27 giugno 2019 è stata curata da Maria Cristina Bandera e Sergio Risaliti, vede la collaborazione con Fondazione Roberto Longhi e Villa Brandi e si avvale dei prestiti della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, della Banca Monte dei Paschi di Siena e di significative collezioni private.

L’esposizione prende origine da quattro importanti dipinti conservati al Museo Novecento appartenuti ad Alberto Della Ragione, tra cui un acquerello con una rara figura femminile che reca la data  dell’ “11 aprile 918”, piccolo capolavoro su carta, che palesa le straordinarie capacità di aggiornamento dell’artista sulle avanguardie e la sua personale sintesi figurativa, svolta in un linguaggio già essenziale e anticonvenzionale. La grandezza di Morandi fu subito evidente a Roberto Longhi, che non interromperà mai il confronto umano e intellettuale con l’artista. I due, pur frequentandosi per decenni, si daranno sempre del “lei” nei loro scambi epistolari; un’affinità tra uno storico dell’arte e un pittore iniziata sul finire del 1934, in occasione della prolusione tenuta da Longhi in veste di nuovo titolare della cattedra di Storia dell’Arte all’Università di Bologna. In “un’aula gremitissima” Longhi concluse la sua illuminata revisione dei Momenti della pittura bolognese parlando in questi termini di Morandi: “E finisco col trovar non del tutto casuale che, uno dei migliori pittori viventi d’Italia, Giorgio Morandi, ancor oggi, pur navigando tra le secche più perigliose della pittura moderna, abbia, però saputo sempre orientare il suo viaggio con una lentezza meditata, con un’affettuosa studiata, da parer quelle di un nuovo incamminato”. Un viaggio di cui sono stati interpreti vigorosi anche Cesare Brandi, Francesco Arcangeli e Carlo Ludovico Ragghianti, ovvero i punti cardinali della critica novecentesca relativa all’arte del maestro bolognese. Da qui le basi di un progetto espositivo speciale, che raccoglie opere appartenute o gravitate nell’orbita dei quattro illustri storici dell’arte, a sugellare, nello scorrere del tempo e nel cambiare delle stagioni, la fedeltà nei confronti della silente e ferma pittura di Morandi.

Exit Morandi

Dopo averne scritto più e più volte, Roberto Longhi, che parlava di severa elegia luminosa a proposito della pittura di Morandi, consegna un testo che lascia il segno nella storia e nella critica d’arte a lui posteriori. Lo storico dell’arte fa risaltare una coincidenza dalle conseguenze per lui epocali, in quel fatidico mese di giugno del 1964, quando si era appena inaugurata la Biennale di Venezia: “Una nemesi capricciosa ma non priva di significato ha voluto che Morandi uscisse di scena il giorno stesso in cui venivano esposti a Venezia i prodotti della pop-art”. Il critico era convinto che la statura di Morandi sarebbe cresciuta ancora, mentre sarebbero stati ridimensionati i valori di molti degli “stagionali prodotti”, prima e dopo Morandi. La tesi di Longhi – dichiara Sergio Risaliti – poteva apparire in quei giorni e nel tempo immediatamente successivo quella di un critico un po’ reazionario e conservatore, fedele a un’idea di arte fin troppo formale e dipendente dall’idealismo, in difesa di una tradizione pittorica occidentale che saldava il mondo di Giotto, Masaccio, Piero della Francesca, Bellini, Tiziano, con quello di Chardin e Corot, di Renoir e Cézanne, per culminare nelle nature morte e nei paesaggi di Morandi. Col tempo si è avverato il presagio di Longhi, ma non tanto nel senso del ridimensionamento dell’importanza epocale della Pop Art, incontestabile, quanto in quello di un Morandi faro e riferimento innegabile di tanti artisti contemporanei, sintonizzati, come lui, con i valori profondi e ritornanti della tradizione classica.

“Morandi non sarà secondo a nessuno”. Questa – ricorda Maria Cristina Bandera – fu l’autorevole, lungimirante previsione di Roberto Longhi, confermata oggi dall’attenzione internazionale per il pittore, che non ha confini. Non si trattò di un vaticinio avventato, ma di un giudizio critico ponderato, maturato lungo un trentennio, espresso dall’autorevole storico dell’arte sui gradini di accesso al proprio studio a Villa Il Tasso a Firenze, davanti alla telecamera che lo riprendeva per la trasmissione televisiva L’Approdo, programmata, a dieci giorni di distanza, per commemorare l’uscita di scena del pittore.

Un ruolo esemplare nell’arte del novecento, che anche Francesco Arcangeli riconosceva a Morandi, interpretato come artista di avanguardia e al contempo profondamente antico. Alle riflessioni di questi alfieri della critica novecentesca si uniscono quelle di Cesare Brandi, che metteva in risalto il valore “sopranazionale e universale” della sua pittura, e di Carlo Ludovico Ragghianti, figura fondamentale per la storia stessa del Museo Novecento. La lettura critica di quest’ultimo – afferma ancora Maria Cristina Bandera – era estremamente acuta, non solo perché ha aiutato a superare  la “favola volgare del pittore delle bottiglie”, ma anche perché si è rivelata lungimirante, come avvalorato dalle testimonianze di artisti, architetti e registi, tra cui Bernardo Bertolucci, catturato dalla “monumentalità” ravvisabile nelle sue piccole tele e dal “sonoro basso” che le qualifica.

In mostra si potranno ammirare nature morte, paesaggi, fiori e una serie di incisioni, espressione artistica che vede in Morandi uno dei maggiori rappresentanti dei suoi anni e che gli valse il premio internazionale alla Biennale di San Paolo del Brasile nel 1953.

Giorgio Morandi – Bologna 1890 – 1964

Mostrando da subito talento per la pittura, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bologna.

Aggiornato sulle sperimentazioni di Picasso, Cézanne e Derain, grazie ad un viaggio a Firenze si confronta direttamente con i grandi maestri della pittura italiana, ammirando, tra gli altri, i capolavori di Giotto, Piero della Francesca e Masaccio, che esercitano un forte influsso sulla sua ricerca successiva. Dopo la prima e fulminea mostra collettiva , risalente al 1914, si avvicina con una poetica personale alla pittura metafisica e al movimento Valori Plastici, formatosi attorno all’omonima rivista edita da Mario Broglio tra il 1918 e il 1921.

La scansione e la luminosità dei paesaggi e delle nature morte degli anni Venti, memori della lezione di Piero della Francesca, cedono il passo ad una costante ricerca che continuerà sino all’ultimo dei suoi giorni in opere che, seppur in un’apparente immobilità, rivelano il sentimento dell’ineluttabile trascorrere del tempo.

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