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Lacerba, come nacque la rivista grazie al “provvidenziale” tipografo

“Parliamo dunque della rivista. E’ inutile dire che l’idea di questi tipografi mi piace e che sarò con te con tutte le mie forze. Non solo ma divido anche perfettamente la tua idea di farne una rivista piuttosto teorica. – a parlare è Ardengo Soffici in una lettera datata 10 dicembre 1912 a Giovanni Papini che spiega la genesi di Lacerba – Vedrai che su ciò saremo perfettamente d’accordo. Ma di tutto ciò bisogna parlare a voce, anche per intendersi circa il contegno da tenersi con Prezzolini. Credo anch’io che il meglio sia di avvertirlo semplicemente e fargli capire che una tale pubblicazione non può dar noia in nessun modo alla Voce. Credo che capirà. Andremo insieme se vuoi e cercheremo d’intenderci. In ogni caso io non farò parola di tutto ciò a nessuno, prima di aver parlato con te (…).”

“Intanto – prosegue Soffici – stringi il più possibile l’affare col tipografo provvidenziale, di modo che se niente vi si oppone, si possa cominciare al più presto. ( Io sarei d’accordo di farla quasi tutta da noi: poca brigata, vita beata. Eppoi chi c’è in Italia che la pensi come noi?) …. In quanto al titolo ti mando questo – mi par buono. Sono caratteri etruschi tratti da Maspero. Sono un po’ sottili e avevo provato ad ingrossarli un po’ in un altro foglio, ma ho visto che perderebbero il carattere. Se ti piacciono adottali, se non ne farò altri, o meglio, sceglieremo un carattere di tipografia. Insomma pensaci e poi vedremo. A me però piacerebbe questo etruschismo…”.

Lacerba uscirà a Firenze dal 1 gennaio del 1913 fino al 22 maggio del 1915 per un totale di sessantanove numeri, prima a cadenza quindicinale e poi settimanale, ai fondatori Ardengo Soffici e Giovanni Papini si aggiunsero Aldo Palazzeschi e Italo Tavolato e in seguito anche i protagonisti del movimento futurista, il suo fondatore Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni e Carlo Carrà, Luigi Russolo. Il titolo, scelto da Soffici, rievocava allo scrittore la suggestione e l’importanza che aveva avuto per lui la lettura del celebre sonetto di Cecco d’Ascoli “L’Acerba”, una scoperta avvenuta nella biblioteca di St. Geneviève nel quartiere latino, durante il suo soggiorno parigino.

In una lettera a Prezzolini, Soffici presentava la nascente rivista con queste parole “ L’Acerba è il titolo di una rivista quindicinale in otto pagine, che escirà ai primi del gennaio in Firenze a cura di Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Italo Tavolato ed altri compilatori. I nostri amici vi porranno i loro sfoghi e le loro confessioni più libere ed anarchiche, senza con ciò abbandonare, per ciò che riguarda la coltura e l’arte, la collaborazione alla “Voce”. La rivista esce presso lo stabilimento Tipografico A. Vallecchi. E’ aperto un abbonamento cumulativo con La Voce per lire 7,50 annue.”

Come ebbe a sottolineare Giorgio Luti “ Nel titolo ascoliano Soffici apertamente dichiarava l’intenzione battagliera della rivista. Con l’intenzionale deformazione del titolo del sonetto, Soffici offriva al lettore la possibilità d’una interpretazione plurima: dall’animale sacro alla dea della Caccia al sapore aspro di un frutto non giunto a piena maturazione. Certo si trattò di una scelta felice che sottolineava, almeno in parte, il rapporto e il distacco dalle prospettive vociane”.

 

 

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