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In ricordo di Giovanni Papini a 60 anni dalla morte

Giovanni Papini e Oraina Fallaci, L'invenzione del '900

Mi stupiscono, talvolta, coloro che si stupiscono della mia calma nello stato miserando al quale mi ha ridotto la malattia. Ho perduto l’uso delle gambe, delle braccia, delle mani e sono divenuto quasi cieco e quasi muto. Non posso dunque camminare né stringere la mano di un amico né scrivere neppure il mio nome; non posso più leggere e mi riesce quasi impossibile conversare e dettare”.

E’ questo il  celebre inizio di una delle ultime “Schegge” dettate alla nipote Anna da Giovanni Papini, che vogliamo ricordare in occasione dell’anniversario dei sessanta anni  dalla morte avvenuta l’8 luglio del 1956, apparse sul Corriere della sera e poi nell’edizione “La felicità dell’infelice”, un titolo che ben sintetizza la condizione umana e l’esperienza intellettuale di uno dei protagonisti del primo Novecento letterario italiano ed europeo, anche in  virtù del sodalizio e della grande amicizia con l’editore Attilio Vallecchi a cui si deve la pubblicazione della maggior parte delle sue opere.

Se io potessi muovermi, parlare, vedere e scrivere, ma avessi la mente confusa ed ottusa, l’intelligenza torpida e sterile, la memoria lacunosa e tarda, la fantasia svanita e stenta, il cuore arido e indifferente, la mia sventura sarebbe infinitamente più terribile. Sarei un’anima morta dentro un corpo inutilmente vivo. A che mi varrebbe possedere una favella intelligibile se non avessi nulla da dire? Ho sempre sostenuto la superiorità dello spirito sulla materia: sarei un truffatore e un vigliacco se ora, arrivato al punto della riprova, avessi cambiato opinione sotto il peso dei patiri. Ma io ho sempre preferito il martirio all’imbecillità.

E giacché sono in vena di confessioni voglio andare al di là del verosimile e spingermi fino all’incredibile. I segni essenziali della giovinezza sono tre : la volontà di amare, la curiosità intellettuale e lo spirito aggressivo. Nonostante la mia età, a dispetto dei miei mali, io sento fortissimo il bisogno di amare e di essere amato, ho il desiderio insaziabile di imparare cose nuove in ogni dominio del sapere e dell’arte e non rifuggo dalla polemica e dall’assalto quando si tratta della difesa dei supremi valori. Per quanto possa parere ridevole delirio ho la temerarietà di affermare che mi sento anche oggi sollevato, nell’immenso mare della vita, dall’alta marea della gioventù.” Nella foto Giovanni Papini viene intervistato da una giovane Oriana Fallaci giornalista di Epoca da “L’invenzione del ‘900″ di Giampiero Mughini.

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