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Il Crocifisso del Beato Angelico capolavoro dell’arte sacra per la Compagnia di San Niccolò del Ceppo

Grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze è stato restaurato il Cristo crocifisso tra i santi Niccolò e Francesco, un dipinto su tavola sagomata dipinto dal Beato Angelico all’incirca nel 1430 per la Compagnia di San Niccolò di Bari detta anche del Ceppo che ancora oggi ne è proprietaria, l’opera restaurata dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze è in mostra, a cura della D.ssa Ludovica Sebregondi presso la sede della Fondazione, In via Bufalini 6 a Firenze, fino al 24 giugno, con ingresso libero.

Un’occasione unica per visionare un’opera poco conosciuta che si offre al pubblico in tutta la sua straordinaria bellezza, prima del suo ritorno all’Oratorio. Il Cristo è Crocifisso tra i santi Niccolò e Francesco inginocchiati ai piedi del Golgota, sopra l’aureola dorata l’iscrizione IHS Nazarenus Rex Iudeorum che viene  ripetuta in greco e in ebraico. Particolarmente interessante la storia dell’opera. La prima notizia che si ha infatti del  Crocifisso risale al 23 ottobre del 1564 quando venne trasferito dalla Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio, sede provvisoria del sodalizio, al nuovo oratorio in via della Badessa. Nel giugno del 1568, dopo l’alluvione del 1557 il pittore Giovanbattista del Verrocchio fu pagato “ per più colori…per racconciare el crocifisso”, il dipinto fu restaurato anche nel 1594 da un confratello e posto sull’altare maggiore ma nel 1611 fu trasferito in sagrestia. In questa occasione il “maestro Giovanni di Zanobi pittore” venne pagato “ per suo resto di più cose intorno al detto crocifisso” e il legnaiolo Vincenzo Sassi per aver “tagliato dua santi e ristretti e messo sprange detro che li tengono e accomodato el crocifisso…”. La tavola rimase in sagrestia fino al 1909, quando fu Giovanni Poggi a vedere la mano dell’Angelicus Pictor, in seguito, nel 1955 in occasione della “ Mostra delle opere dell’Angelico” Luciano Berti e Umberto Baldini  notarono che parte della figura di San Francesco era un falso, forse tardo ottocentesco e che l’originale si trovava dal 1912 nella Collezione Johnson di Filadelfia.

Come osserva la curatrice Ludovica Sebregondi “ L’opera sembra da datare attorno al 1430, sia per un influsso masaccesco ( evidente nelle figure dei santi, nell’illuminazione e nell’anatomia del Cristo) che per la vicinanza con l’Incoronazione parigina. Esposto a lungo nel Museo di San Marco, il Crocifisso è poi tornato nella sagrestia di San Niccolò del Ceppo, prima di essere sottoposto al recente restauro”.

Insieme al Crocifisso è stata esposta anche una tavoletta votiva, un olio su tavola dell’ambito di Jacopo da Empoli recentemente ritrovato nell’archivio della Compagnia del Ceppo che restituisce l’immagine dell’oratorio quando ancora il Crocifisso era collocato sull’altare maggiore e che sarebbe datato dopo il 1594, dopo questa data infatti venivano usati dei coretti ai lati dell’altare per la predicazione che compaiono nell’immagine.

La Compagnia dedicata a San Niccolò di Bari e alla Visitazione della Vergine venne fondata a Firenze nel Trecento presso la Chiesa di San Niccolò in Oltrarno, nel 1417 i confratelli edificarono un nuovo oratorio, oggi Via Tripoli, vicino allo spedale dei Santi Jacopo e Filippo, oggi distrutto. In seguito all’assedio delle truppe imperiali di Firenze nel 1529 i confratelli abbandonarono gli spazi all’interno dello spedale e si sistemarono presso la Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio, in quella che oggi è via San Giuseppe, dove subirono l’alluvione del 1557. Nel 1561 acquistarono un terreno per edificare la propria sede all’angolo tra quelle che oggi sono Via Pandolfini e Via Verdi e ancora oggi la Compagnia ha sede e occupa gli spazi costruiti e decorati nel corso dei secoli.

I danni maggiori furono in occasione dell’alluvione del 1966 quando l’acqua dell’Arno raggiunse i quattro metri e mezzo di altezza, la confraternita che dopo il 1785 con il motu proprio del Granduca Pietro Leopoldo perse il carattere di sodalizio “di dottrina” ancora oggi prosegue la propria attività come gruppo devozionale e caritativo.

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