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La “divina proportione” per il Crocifisso della Compagnia del Ceppo del Beato Angelico

Il recente restauro e l’esposizione del Crocifisso del Beato Angelico, in mostra con ingresso libero presso la sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze e a cura della D.ssa Ludovica Sebregondi, è l’occasione per tornare a parlare di un’opera poco conosciuta dell’artista quattrocentesco che era stata realizzata per la Compagnia di San Niccolò di Bari detta del Ceppo di Firenze e che ancora oggi lo custodisce.

L’antica confraternita fiorentina tutt’ora esistente ha sede nell’Oratorio del Ceppo a Firenze in Via de’ Pandolfini 3 e la sua origine risale al Trecento quando presso la Chiesa di San Niccolò Oltrarno venne fondata una compagnia dedicata a San Niccolò di Bari e alla Visitazione della Vergine. Scopo di questo sodalizio era di insegnare ai giovani i principi religiosi e tra le numerose compagnia presenti a Firenze ve ne erano altre dedicate a questo compito, tanto che nel 1442 papa Eugenio IV emanò un ordinamento specifico. Dopo l’assedio delle truppe imperiali a Firenze nel 1529 i confratelli dovettero abbandonare lo spazio nello Spedale dei Santi Jacopo e Filippo, oggi andato distrutto e nel 1561 venne acquistato il terreno dove ancora oggi si trova la sede.

All’esterno anonimo del palazzo si contrappone la ricchezza degli interni che ospitano opere di un grande rilievo, oltre al Beato Angelico, furono numerosi e importanti gli artisti che vi lavorarono, come Giovanni Antonio Sogliani, a lui si deve lo stendardo che veniva portato in processione, Francesco Camilliani che nel 1572 realizzò una Madonna in stucco, Francesco Curradi autore di numerose tele, Francesco e Tommaso Rigacci straordinari legnaioli di metà seicento a cui si devono gli eleganti stalli in noce della chiesa e Giovan Domenico Ferretti e Pietro Anderlini che nel Settecento affrescarono la volta dell’oratorio, a Francesco Buonarroti pronipote di Michelangelo si deve il progetto di due portali.

Il dipinto su tavola sagomata, che raffigura Cristo crocifisso tra i santi Niccolò e Francesco datato al 1430 ed attribuito al Beato Angelico nel XVII secolo subì una manomissione che causò la perdita di parti originali modificando i rapporti proporzionali tra le figure, l’opera inoltre fu danneggiata dalle alluvioni nel 1557 e nel 1966 che nel tempo resero necessari interventi di restauro, l’ultimo eseguito alla fine degli anni Settanta sotto la direzione Umberto Baldini. Agli inizi del XX secolo, inoltre, il busto di San Francesco fu parzialmente asportato e sostituito con una copia dipinta a olio, dal 1912 un frammento originale è conservato presso il Philadelphia Museum of Art.

In occasione del restauro, argomento della tesi di Laurea Magistrale all’Opificio delle Pietre Dure di Giusy Dinardo, è stato condotto  uno studio approfondito con l’aiuto della documentazione fotografica d’Archivio e delle indagini diagnostiche effettuate nel Laboratorio. Un originale sistema di costruzione della carpenteria prevedeva infatti che le singole tavole in legno di pioppo erano collegate tra loro e il fulcro era il tavolato del Golgota che si univa ai Santi e al Crocifisso tramite degli incastri.

Particolarmente importante lo studio del corretto rapporto proporzionale tra le figure, l’ipotesi della ricostruzione riproposta è stata avvalorata da moduli ricorrenti coevi in Crocefissioni analoghe anche dello stesso autore, in cui l’altezza della croce e la distanza dei centri delle aureole dei due santi è in rapporto 1:2. Una proporzione che permette di inserire la croce in un rettangolo aureo che ha il rapporto tra il lato lungo e quello corto equivalente a 1,618 ovvero il numero phi della proporzione divin., dove il centro del quadrato inscritto ne rettangolo corrisponde all’ombelico del Cristo.

L’Angelicus Pictor, artista rinascimentale mette in atto quindi in questa sua opera dipinta i moduli espressivi dell’arte dell’epoca che si basavano sulla proporzione aurea o anche chiamata “divina proportione“.

 

 

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