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Stilografica da Collezione “Caravaggio”

  • Casa produttrice: Firenze 1903 rende omaggio a Caravaggio  in occasione dell’anniversario dei 450  anni dalla sua nascita con la Stilografica da Collezione “Caravaggio” prodotta nelle officine dell’azienda fiorentina Visconti.
  • Tiratura: Limited Edition di soli 50 esemplari, la numerazione è incisa sul fondello della penna.
  • Materiali: resina acrilica color Blu.
  • Finiture e decorazioni: Sul fusto è stato riprodotto un disegno che si ispira all’opera “Cena in Emmaus” conservata alla National Gallery di Londra. Il decoro è stato ottenuto con l’antica tecnica dello scrimshaw in argento in modo da far risaltare la preziosità della  linea. Sul cappuccio è stata impressa una frase tratta dal Vangelo di  Luca che recita ” Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero” .
  • Clip: la clip è personalizzata con il marchio di Firenze 1903 e sull’anello è riportato il nuovo logo con il giglio fiorentino che si apre.
  • Caricamento:  il caricamento è con il sistema Power Filler a doppio serbatoio, al fine di tenere sotto controllo la disponibilità dell’inchiostro, alla base del fusto  si trova una finestra di ispezione, una soluzione contemporanea ormai adottata da moltissime case costruttrici di strumenti di scrittura.
  • Pennino: pennino M in Oro 18KT
  • Garanzia: due anni

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    Stilografica Caravaggio

    Leonardo, Michelangelo, Raffaello e adesso Caravaggio. La nostra collezione di strumenti di scrittura dedicata ai grandi artisti del passato si arricchisce di una Stilografica che celebra il genio dell’arte noto per la sua vita sregolata e per la sua opera che rivoluzionerà la pittura del Seicento: Michelangelo Merisi detto Caravaggio. Ricorrono 450 anni dalla sua nascita avvenuta il 29 settembre del 1571 a Milano, da Fermo Merisi e Lucia Aratori, nel giorno di San Michele Arcangelo.

    Ed è soltanto di una quindicina di anni fa, precisamente nel 2007 che è stato ritrovato, nell’Archivio diocesano di Milano, l’atto di battesimo in cui si legge che il 30 settembre del 1571 Michelangelo “Merixio”, figlio di Fermo e Lucia, veniva battezzato nell’antica chiesa milanese di Santo Stefano in Brolo, alla presenza del padrino Francesco Sessa, eliminando così gli storici dubbi su chi ipotizzava che la sua nascita fosse avvenuta nella cittadina bergamasca.

    La sua fama è grande. Continuamente e in maniera casuale riaffiorano dagli archivi documenti che arricchiscono la nostra conoscenza di questo personaggio straordinario che non ha lasciato nessuna traccia scritta di suo pugno, né una lettera, né una dedica o altro. Ed ecco che ogni forma di documento può contenere delle informazioni a noi utili, come ad esempio la celebre trascrizione dell’interrogatorio giudiziario, a seguito della querela del pittore romano Giovanni Baglione, nel 1603.

    E’ qui che tra le righe di un interrogatorio, redatto secondo il linguaggio burocratico dell’epoca, compare il tema della pittura “del naturale” che ebbe in Caravaggio uno dei suoi più alti sostenitori e che si ritrova quando afferma che “valent’uomo” è il pittore che sappia “depingere bene e imitar bene le cose naturali. Null’altro ci è giunto direttamente dall’artista che dalla fine del Cinquecento era celebrato nelle numerose biografie redatte dagli studiosi dell’epoca, italiani ed europei, come il fiammingo Karel van Mander, il senese Giulio Mancini, lo stesso Giovanni Baglione, la cui biografia è una delle fonti più ricche per le notizie su Caravaggio, il romano Giovan Pietro Bellori che elabora la teoria del “bello ideale” contro la pittura al naturale, infine dalla Germania, il giudizio positivo di Joachim von Sandrart che soggiornò a Roma tra il 1629 e il 1635 e in qualità di curatore della Collezione Giustiniani era a diretto contatto con numerose opere di Caravaggio.

    L’uso scenografico della luce, le ambientazioni popolari, l’utilizzo dei modelli dal vivo come garzoni, compagni di ventura, cortigiane, una tecnica pittorica che ancora oggi è oggetto di studio saranno in sintesi gli elementi chiave che animeranno la sua “pittura fedele al vero” che lo renderà, come abbiamo visto, già in vita, famoso, oltre i confini dell’Italia e per i suoi seguaci verrà coniato il termine “caravaggismo”.

    Il suo rivoluzionario modo di dipingere influenzerà la pittura barocca del XVII secolo per poi sparire nell’oblio ed essere poi recuperato dalla critica nella seconda metà del del XX secolo con Lionello Venturi, Carlo Ludovico Ragghianti, Roberto Longhi e Bernard Berenson.

    Fu quest’ultimo nel 1951 a definirlo “…il più severo, come pure il più interessante pittore, che l’Italia abbia prodotto fra il Tintoretto e il Tiepolo. “Barocco” è l’ultimo epiteto che userei per descriverlo, sebbene gli sia elargito così spesso. In verità un epiteto più appropiato al suo caso sarebbe proprio questo: “l’antibarocco”.

    Tra i numerosi capolavori abbiamo voluto rendere omaggio a Caravaggio con la “Cena in Emmaus” nella versione oggi conservata alla National Gallery di Londra, dipinta nel 1601 quando si trovava a Roma nella casa di Ciriaco Mattei, insieme al suo garzone Cecco. Un dipinto che già nel 1675 era famoso per la “tremenda naturalezza” che era in grado di trasmettere e che veniva evidenziata dalle parole di Francesco Scannelli nel suo “Microcosmo della pittura”, uno dei testi più significativi della storiografia artistica del seicento.

    Il dipinto, dal quale ci siamo ispirati per essere rappresentato sul fusto tramite la tecnica dello scrimshaw, in particolare nella sua zona centrale, raffigura il momento in cui i discepoli riconoscono il Cristo risorto nel giovane uomo seduto con loro alla tavola, mentre benedice il pane. Lo stupore dei tre uomini è enfatizzato dalla gestualità che qui viene espressa al suo massimo, il discepolo sulla destra allarga le braccia delimitando lo spazio prospettico della scena, quello di spalle in primo piano fa per alzarsi dalla sedia, l’altro più vicino a Gesù sembra volerlo abbracciare teneramente.

    Con il braccio teso in avanti, Gesù porge la sua benedizione, anche a chi guarda il quadro mentre la tavola è imbandita come la mensa quotidiana e accanto alla brocca dell’acqua, del vino, del pane, simboli della consacrazione compare la cesta di frutta in bilico verso l’osservatore.

    La luce è la grande protagonista, mette in evidenza gli sguardi, le pose, gli abiti, gli oggetti, l’ambientazione dal vero e naturale, così lontana dalla retorica della Controrifoma che condizionava la pittura del periodo

    Nel Vangelo di Luca si legge “Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista”. La frase rivelatrice della presenza divina che abbiamo voluto riproporre sul fusto della Stilografica Caravaggio a completamento di una immagine non solo artistica ma anche sacra.

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