- Stilografica realizzata artigianalmente nelle Officine Stipula di Firenze in resina Nero di Marte con tornitura dal pieno.
- La clip riproduce stilizzato il giglio fiorentino, ancora un altro motivo in ricordo del soggiorno manzoniano.
- Sul codino è incisa la numerazione della tiratura.
- I particolari metallici sono in argento 925/1000 microfuso.
- Il sistema di caricamento è a pistone fisso.
- La stilografica Alessandro Manzoni veste un pennino in oro 14 Kt Stiflex in punta Media, pennino costruito con una speciale laminazione e dotato di elevatissime flessibilità, realizzato con attrezzature originali degli anni ’40.
- La tiratura è limitata a 150 esemplari numerati.
- La Stilografica Alessandro Manzoni è un omaggio al soggiorno fiorentino del grande scrittore avvenuto nel settembre del 1827 in occasione del suo viaggio in Toscana per la “risciacquatura” in Arno a cui sottopose l’opera dei “Promessi Sposi”, tappa obbligata prima dell’edizione definitiva dell’opera letteraria.
- Il cappuccio e il fusto della penna sono decorati in “grain d’orge”, conosciuto anche con il nome “chicco di riso” e ottenuto con la tecnica “Ghiglioscé”, una lavorazione tipica dell’oreficeria ottocentesca, il decoro è realizzato con linee fittamente ondulate, sfasate di metà altezza tra una linea e l’altra, in modo da ottenere forme vagamente romboidali che ricordano appunto un chicco di riso; mentre la linea scelta per questa stilografica è morbida e arrotondata, secondo il gusto dell’epoca.
- Sulla vera del cappuccio è stata incisa la data 1827 che si riferisce al soggiorno di Manzoni nella città di Firenze, mentre nella parte opposta è riportato il nome di Alessandro Manzoni. La vera è decorata con due bande rosse in lacca che ricreano i colori dello stemma granducale.
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Firenze 1827 - Alessandro Manzoni
C’è una data che lega la città di Firenze alla figura di Alessandro Manzoni: è il 1827. In quell’anno il grande letterato italiano che aveva appena dato alle stampe la sua prima edizione dei “Promessi Sposi”, ben conosciuta come la “ventisettana”, compie un viaggio che lo porterà in Toscana, nel suo capoluogo, per attuare quell’intervento ormai divenuto indispensabile per adeguare la lingua del suo romanzo all’italiano parlato, desideroso che la sua “cantafavola – così Manzoni chiamò la sua opera in una lettera ad Alfonso della Valle di Casanova – acquistasse fattezze più schiette e naturali”. In particolare Manzoni individuò nel fiorentino colto, l’idioma più adatto, in una nazione che si stava formando e predominata dai dialetti locali, ad assurgere allo status di lingua nazionale. Un principio già anticipato anni prima da Vittorio Alfieri che qui si era stabilito e dove trascorse gli ultimi anni della sua vita con la sua compagna Louise Stolberg Contessa D’Albany; alla sua morte, nel 1803, la sua salma verrà sepolta nella Basilica di Santa Croce. E’ il 29 agosto, tardo pomeriggio, due carrozze che trasportano Alessandro Manzoni e la sua famiglia, la madre Giulia Beccaria, sempre al fianco del figlio, la moglie Enrichetta Blondel, i figli, sono in tutto tredici persone, arrivano a Firenze dopo un periodo a Livorno e prima ancora dopo aver soggiornato a Genova, Lucca, Pisa, sono queste le tappe di avvicinamento al tanto atteso soggiorno fiorentino. Gli ambienti letterari della città, in particolare quello del Gabinetto Vieusseux , che all’epoca aveva sede a Palazzo Buondelmonti in Via Tornabuoni, attendono con ansia l’arrivo di Alessandro Manzoni. In quell’estate del 1827 sia a Firenze che in altre città italiane l’uscita dei “Promessi Sposi” ha catturato l’attenzione del mondo culturale e saranno in molti gli editori, anche a Firenze, a ristampare copie, non autorizzate, della prima edizione, contribuendo così alla diffusione dell’opera letteraria. Alessandro Manzoni riceverà da Gian Pietro Vieusseux l’invito ufficiale per lunedì 3 settembre. La serata è stata organizzata al Gabinetto letterario proprio per presentare agli intellettuali fiorentini l’illustre ospite, tra questi Gaetano Cioni e Giovanbattista Niccolini, due figure fondamentali per la revisione linguistica del romanzo. In una lettera all’amico Tommaso Grossi infatti Manzoni scriverà “ Un’acqua come Arno e lavandaie come Cioni e Niccolini, fuori di qui non le trovo in nessun luogo” , con il Cioni in particolare Manzoni instaurerà un rapporto epistolare intenso, una volta lasciata Firenze, mentre è noto il giudizio negativo sull’opera espresso da Giacomo Leopardi, anche lui frequentatore del Gabinetto Vieusseux in quel periodo. Alessandro Manzoni e la famiglia durante la loro permanenza a Firenze, all’incirca quattro settimane, alloggeranno all’Albergo Quattro Nazioni in Palazzo Gianfigliazzi sui Lungarni,
ed è qui, sulla sua facciata, ancora oggi ben visibile, che nel 1919 il Comune di Firenze appose una lapide in ricordo del soggiorno fiorentino dell’illustre personaggio in cui sta scritto “Alessandro Manzoni qui nell’estate del 1827 ebbe soggiorno di pochi mesi sulle rive di questo Arno, ‘nelle cui acque risciacquai i miei cenci’ volle scrivere egli dando veste toscana al romanzo immortale dove la lingua il dolore le speranze d’Italia trionfano”. Tra gli episodi noti che segnano quei giorni trascorsi in riva d’Arno anche l’invito alla corte granducale, notizia che troverà spazio sulla Gazzetta di Firenze
dove alla data del 24 settembre un trafiletto descrive così l’evento che per la sua importanza meritava di essere segnalato ai lettori :“Trovasi da qualche giorno in questa nostra città il sig. conte Alessandro Manzoni milanese, chiarissimo Scrittore cui molto dee la poesia non men che la prosa italiana. Egli ha seco la Madre, Figlia del celebre Beccheria, unitamente alla numerosa sua Famiglia. Di conoscerlo da vicino e d’onorarlo, studiano e Letterati, e tutti quelli che hanno in pregio le belle qualità della mente e del cuore. Il nostro augusto Sovrano lo accolse con molta benevolenza, e lo volle seco a mensa.” Manzoni infatti già da Milano aveva inviato al Granduca una delle prime copie dei “Promessi Sposi” e dopo l’incontro con il Granduca, anche le Granduchesse Maria Anna e Maria Ferdinanda vollero conoscerlo nella Villa di Poggio Imperiale, loro residenza estiva per sapere a che punto era il suo lavoro di revisione linguistica. Il soggiorno a Firenze stava per concludersi, la data per la partenza venne fissata per il primo ottobre, gli scopi che Manzoni si era prefisso erano stati raggiunti, rimanevano dettagli e il lavoro di revisione poteva essere proseguito via epistolare, in particolare con Gaetano Cioni, mentre a Milano sarà di grande aiuto Emilia Luti, la governante fiorentina di casa D’Azeglio. Ci piace immaginare che dei giorni trascorsi a Firenze Alessandro Manzoni abbia a lungo conservato bei ricordi a contatto con gli intellettuali del tempo ma anche con il popolo fiorentino per la “risciacquatura” dei suoi 71 lenzuoli, espressione rimasta immortale nel comune parlare.
Oggi a quasi duecento anni di distanza, Firenze 1903 intende celebrare la figura di Alessandro Manzoni con una stilografica da collezione in tiratura limitata che si ispira al soggiorno fiorentino, momento cruciale nella revisione dell’opera letteraria e i cui frutti saranno poi espressi nell’ edizione definitiva del 1840 dei “Promessi Sposi”, il primo grande romanzo della letteratura italiana che con la sua diffusione concorrerà alla formazione di una lingua unitaria per il nostro Paese.