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Uffizi e Boboli, a Firenze la prima retrospettiva dell’artista bavarese Frits Koening

Considerato tra i più importanti scultori del XX secolo, è dedicata a Frits Koening, artista bavarese scomparso lo scorso anno all’ età di 93 anni, la grande retrospettiva in corso agli Uffizi e al Giardino di Boboli e che resterà alla visione del pubblico fino al 7 ottobre. Si tratta della prima mostra monografica realizzata dopo la sua scomparsa, avvenuta il 22 febbraio del 2017, numerose opere tra sculture e disegni e la produzione degli ultimi quaranta anni.

Il bronzo, la pietra, il corten delle monumentali sculture di Koenig ritmano gli spazi del capostipite dei giardini all’italiana offrendo alla vista l’intreccio prezioso fra le loro forme, lisce o ruvide, spesso apparentemente instabili e padrone di uno studiato disequilibrio, e lo sfondo di panorami unici e le quinte delle siepi, dei grandi alberi, dei prati.

Personalità forte e complessa Koenig negli anni rifiutò il mondo dell’arte e decise di ritirarsi, con la moglie Maria, nella sua tenuta di Ganslberg, in Baviera, dedicandosi con passione anche ai suoi amati cavalli purosangue arabi dei quali diventò allevatore, ai suoi pavoni, alle galline, ai gatti, insomma alla sua “arca di Noè” come la chiamava, circondato dalla sua collezione di arte africana tra le più notevoli al mondo.

Fritz Koenig aveva occhi blu, attenti. Aveva anche delle mani bellissime con dita forti e allo stesso tempo affusolate, proprio come lui stesso le ha disegnate. Era un uomo pieno di fascino, subito ammaliava chiunque. Il fascino è, secondo un’ineguagliabile definizione di Albert Camus, ciò che porta una persona a dire sì prima ancora che gli sia stato chiesto qualcosa. Con le donne diventava addirittura un seduttore, e a loro non riusciva a resistere” scrive sul catalogo Alexander Rudigier, curatore della mostra. Proprio l’amore, l’eros è stato fra temi dominanti del suo lavoro, come la morte del resto, gli epitaffi, l’olocausto.

Ci andò a New York, Koenig. La sfera, così veniva chiamata dai newyorkesi la cariatide sferica, l’opera posta tra le due torri gemelle, si era miracolosamente salvata dal disastro grazie a due grandi lastre di acciaio che precipitate l’avevano protetta. Si era danneggiata ma non gravemente, l’artista intervenne, la restaurò ed è ancora lì, a Ground Zero. La mostra si svolge sotto il patronato del Duca Franz di Baviera, amico personale dell’artista e importante collezionista internazionale di arte contemporanea.

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