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San Francesco, la vita narrata in una Legenda Maior ricca di oro e colori splendenti

Il 16 aprile del 1209 Papa Innocenzo III approva la Regola con cui San Francesco d’Assisi e i suoi confratelli si impegnano a vivere in povertà, in obbedienza e in castità. Otto secoli dopo la casa editrice Vallecchi ha dedicato a questa ricorrenza la prima riproduzione integrale della più pregevole redazione manoscritta della Legenda maior di Bonaventura da Bagnoregio recentemente esposta al pubblico alla Galleria dell’Accademia di Firenze in occasione della grande mostra dedicata alla figura di San Francesco d’Assisi.

Un volume che si sfoglia con grande ammirazione, tanto sono splendenti le numerose miniature che contiene è la riproduzione in facsimile del codice trecentesco che è accompagnato da un commentario scientifico con interventi di Franco Cardini, Maria Alessandra Bilotta e Francesca Niutta. Proveniente con molta probabilità dalla biblioteca dell’architetto bolognese Tito Azzolini, venne acquistato nel 1891 dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma dove ancora oggi è conservato con la segnatura di Vittorio Emanuele 411.

Bonaventura da Bagnoregio, eletto Ministro generale dell’ordine nel 1257, redasse nel 1260 una Legenda maior che andò a sostituire tutte quelle precedenti e poiché ogni convento francescano avrebbe dovuto possedere almeno un esemplare della Legenda, ne furono realizzate centinaia di copie, la maggior parte di carattere modesto, ma anche in redazioni pregevoli. Il manoscritto romano è uno dei più antichi che fa parte di questa tradizione.

La pagina è scandita dalle due colonne di testo che lasciano spazio ai rettangoli destinati al corredo iconografico stabilito, la scrittura secondo gli studiosi appartiene alla seconda metà del secolo XIV, in littera testualis e sembrerebbe che il manoscritto sia stato confezionato in un convento e per un convento, secondo un modello diffuso e accettato.

Come nota la studiosa di miniatura ed ex direttrice della Biblioteca Riccardiana di Firenze, la D.ssa Giovanna Lazzi in un suo saggio dedicato al manoscritto “ Si giustificano così l’aspetto arcaizzante della scrittura ma anche i numerosi e precisi riferimenti delle miniature al testo, vergato da una sola mano e successivamente corretto in maniera molto accurata, nonché la cultura giottesca del miniatore, vicino alla tradizione gotica romagnola e bolognese e persino la tipologia degli abiti, soprattutto le gonnelle e le pellande femminili, così ampie e panneggiate con le pieghe pesanti, che non sono solo un vezzo stilistico di ricordo giottesco e quindi ispirato alla maniera classica, ma anche obbedienti alla moda della prima metà del secolo”.

La prima miniatura che mostra “Cristo in Pietà” adorato da una donna e da un fraticello con cappello cardinalizio e la presenza in numerose miniature di una figura femminile inginocchiata ha fatto supporre che la committenza fosse riferibile a una nobil donna forse legata a Tommaso Frignani da Bologna, ministro generale dal 1367 al 1372 e uno degli iniziatori del movimento dell’Osservanza.

Se infatti alcuni episodi della vita del Santo d’Assisi erano fondamentali, come ad esempio l’approvazione della Regola, le stimmate, l’amore per gli animali, in altri casi si rivela una certa libertà da parte del miniatore e il programma illustrativo che viene messo in atto si lega all’ideale del santo che si era costituito nell’ambiente osservante, dopo la sua morte.

La carta 32 r che qui vi mostriamo presenta un doppio riquadro miniato, in posizione superiore è raffigurato “Francesco che predica alle pecore e agli uccelli” e appena sotto la figura femminile ricorrente della “Devota inginocchiata”, racchiusi in una cornice rosa con filettature di biacca, introducono il capitolo VIII della Legenda “ De pietatis affectus et quomodo ratione carentia videbantur ad ipsum offici”.

 

 

 

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