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Codice Valois

  • Edizione facsimilare del Ms. Casanatense 2020, 312 pagina formato cm 15,7×22,4
  • Stampa su carta pergamenata e applicazione di oro a caldo antichizzato
  • Legatura artigianale in pelle con impressioni in nero e oro
  • Cofanetto a conchiglia in velluto di cotone con scritte ricamate a filo dorato
  • Commento al codice a cura della conservatrice dei manoscritti della Biblioteca Casanatense, dott.ssa Isabella Ceccopieri, e della direttrice della Biblioteca Riccardiana di Firenze, dott.ssa Giovanna Lazzi
  • Tiratura limitata di 499 esemplari numerati e di 100 esemplari numerati per enti e mercato estero.

«Molte case editrici italiane e straniere si sono avvicinate a questo importante Codice ma si sono tirate indietro per le difficoltà di riproduzione. Ringraziamo la Vallecchi per il coraggio che ha dimostrato nel cimentarsi in questa impresa, realizzando un facsimile straordinario che oggi ci dà l’opportunità di mostrare il Codice di Valois al pubblico  conservando così il delicatissimo originale».
Dott.ssa Isabella Ceccopieri, conservatrice dei manoscritti della Biblioteca Casanatense di Roma.

La Biblioteca Casanatense

Grande bibliofilo e collezionista di opere rare, il cardinale Girolamo Casanate (1620-1700), al quale si deve la nascita e il primo sviluppo della Biblioteca Casanatense, lasciò in eredità un cospicuo patrimonio bibliografico ai domenicani della basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma, ragguardevole non solo per la quantità ma sopratutto per la qualità.
La sua libraria era nota come ricca collezione di codici e stampati; rappresentava l’emblematica biblioteca privata di un principe della Chiesa che, secondo la migliore tradizione secentesca, era attento agli scambi e alle esigenze culturali, ai contatti intellettuali che si alternavano nelle accademie letterarie e nei circoli privati del tempo.
Il patrimonio librario che l’insigne prelato, bibliotecario di Santa Romana Chiesa, aveva assemblato nell’arco della sua vita ammontava a circa 25.000 volumi, tra manoscritti e stampati, il cui futuro fu segnato dalle volontà espresse nelle disposizioni testamentarie del cardinale.
Fu suo esplicito desiderio, infatti, che venissero destinati alla costituzione di una biblioteca aperta al pubblico, nel cui ambito istituire un collegio di teologi per la difesa dell’ortodossia e due cattedre per l’insegnamento dei testi tomistici, affidate ai padri domenicani stessi.
Il cardinale morì nel 1700, e nel 1701 si inaugurava pubblicamente la Biblioteca Casanatense, che doveva ben presto divenire una delle più rinomate e ricche della Roma settecentesca. Casanate aveva inoltre dotato la futura biblioteca di rendite, che i padri domenicani avrebbero dovuto gestire in autonomia per l’incremento del fondo iniziale.

Il Vangelo del Principe di Francia

La Biblioteca Casanatense annovera nel suo Fondo manoscritti oltre centoquaranta codici medioevali liturgici, che vanno dal IX al XVI secolo, raggruppati negli antichi cataloghi sotto la voce «Rituales codices» ma distinti alfabeticamente secondo il loro uso. Di questi, tre soli sono registrati con il titolo specifico di Evangelium o Evangelarium, indicante volumi che raccolgono i testi dei Vangeli.
Il Ms 2020, conosciuto fino ad oggi semplicemente come Evangelia totius anni, è un evangelistario di corte di provenienza francese acquisito dalla Casanatense verso la fine del Settecento o agli inizi dell’Ottocento e contenente i brani dei Vangeli letti durante la messa nei vari periodi dell’anno.
Recenti e approfonditi studi sulla storia della miniatura in Francia nel Rinascimento hanno consentito di porre in luce l’attività di atélier come quello di Tours, al quale è probabilmente da ricondurre il codice casanatense, evidenziando le caratteristiche e le sfumature stilistiche degli artisti che operavano per conto dei grandi del regno.
Il nostro evangelistario vi sarebbe stato eseguito ii il re di Francia Francesco I fu costretto a mandare in spagna i due figli maggiori, il delfino Francesco e il cadetto Enrico ( il futuro Enrico II), come ostaggi di Carlo V, in cambio della propria libertà dopo la disfatta di Pavia, avvenuta il 24 febbraio del 1525.
Il libro fu realizzato insieme a un manoscritto gemello, oggi custodito alla Biblioteca Nazionale di Madrid, a un terzo codice, conservato a Chantilly, il cui contenuto, a carattere didascalico, mirava alla formazione dei giovani principi, segregati per “ragioni di stato” a Valladolid.
Il legame che unisce i tre codici è indiscutibile, non soltanto per la presenza dei blasoni appartenenti al delfino e ai cadetti, che ne costellano la decorazione, ma perché tutti e tre sono riconducibili alla mano di un copista e di un miniatore originari di Tours e riferibili all’entourage dell’artista prediletto della regina Claudia di Francia.
In particolare, l’evangelistario casanatense risulterebbe destinato alla cappella del delfino, Francesco di Valois, come conferma lo stemma ricorrente, mentre il manoscritto di Madrid alla cappella dei cadetti, nell’ipotesi che i fratelli fossero stati separati durante la prigionia.
Un gioiello della miniatura rinascimentale nelle cui delicate scenette par di avvertire tutta la trepidazione della committente, la regina Claudia di Francia – ancorché sovrana ma pur sempre madre – che vedeva strappare dal suo petto il proprio piccolo, ostaggio in Spagna nella mercé di Carlo V per quella ragion di stato che non risparmiava né i potenti né i loro ancora imberbi rampolli.
Il Codice Valois fu dunque ciò che ella volle far realizzare e consegnare al figlio per accompagnarlo nel suo esilio, perché con le sue letture fosse istruito e avviato su un cammino di fede che lo illuminasse per tutta la vita.

L’edizione Vallecchi del Codice Valois

Codice pergamenaceo formato da 147 carte con decorazione miniata costituita da 14 piene pagine e 96 vignette riferite al contenuto del testo, il manoscritto Casanatense 2020 ha una legatura conservativa ottocentesca in marocchino rosso su assi di cartone e una ricca decorazione in oro e nero su entrambi i piatti, con volute vegetali e fiori, chiusi da un fermaglio a foggia di giglio.
La realizzazione del codice è effettuata su speciale carta pergamenata utilizzando una tecnica di stampa priva di retinatura al fine di ottenere una riproduzione di qualità fotografica dei colori e dei dettagli, dato che tutti i punti delle mezzetinte hanno la stessa piccolissima dimensione, mentre varia la loro frequenza in accordo col valore del tono da riprodurre.
La successiva applicazione di oro a caldo restituisce appieno la delicatezza della decorazione originale, antichizzata grazie a un procedimento di stampa con inchiostri ossidativi prodotti appositamente per quest’opera.
I volumi sono cuciti a mano al telaio con la tecnica a fettucce utilizzando filo refe antichizzato e dopo la cucitura vengono applicati i colori rosso e marrone al taglio, quindi si effettua l’attondatura e il finissaggio con spigolo del dorso , l’indorsatura e il capitello in pelle.
I piatti e il dorso del volume sono rivestiti in pelle intera, tamponata e conciliata al vegetale, con incisioni effettuate a caldo e a secco. Vengono applicati due fermagli in ottone e una cerniera in pelle e ottone, e il volume è inserito in un cofanetto a conchiglia foderato in pieno velluto di cotone ricamato con filo dorato sul piatto anteriore e sul dorso.

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