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Nella spezieria, alle origini della professione del Farmacista

Il 21 gennaio del 1498 a Firenze nasce il Nuovo ricettario fiorentino, si tratta di una vero e proprio manuale farmaceutico che ha carattere ufficiale e che costituisce una vera farmacopea. L’opera composta dal Collegio dei Medici della Città sotto impulso dei Consoli dell’Arte dei Medici e Speziali è denominato “ Nuovo receptario composto dal famossisimo chollegio degli eximii doctori della arte et medicina della inclita cipta di Firenze” ed è scritto in volgare. Lo scopo è quello di stabilire in un unico testo le disposizioni farmaceutiche a cui si dovevano attenere sia i medici che gli speziali nella prescrizione e nella preparazione dei farmaci e uniformare in questo modo sia la preparazione che la conservazione delle sostanze medicinali. Si presta così grande attenzione alla salvaguardia della salute pubblica, gli speziali della città ma anche quelli di tutto il contado e il distretto dovranno uniformarsi alle regole della preparazione, composizione e conservazione delle medicine.

Storicamente l’attività dello speziale è legata al luogo in cui esercitava la sua professione, l’ambiente destinato alla preparazione delle medicine e alla loro conservazione e la vendita, con i mobili e i recipienti dalle diverse forme, al punto che i corredi ceramici farmaceutici nei secoli hanno rappresentato una vera e propria forma d’arte, sino a divenire ai giorni nostri, preziosi oggetti da collezionismo. Oltre ai vasi in ceramica anche mortai e pestelli sono strumenti indispensabili per la preparazione delle medicine, e talvolta usati come simboli nelle corporazioni in alcune città.

Importante, nelle spezierie, è il lavoro dei garzoni, i cosiddetti “Pestapepe”, che percuotevano con forza gli ingredienti all’interno dei mortai fino a ridurli in poltiglia. Il loro ruolo era fondamentale nella preparazione degli “elettuari”, gli antichi farmaci che venivano fatti percuotendo a lungo e con energia gli ingredienti mescolati tra loro. Tra gli elettuari più famosi, la “teriaca”, un antidoto considerato efficace contro ogni veleno e malattia, la cui fabbricazione era sorvegliata dal Collegio dei Medici e aveva luogo con un rituale pubblico, veniva poi venduta agli speziali e il commercio era liberalizzato nel corso delle epidemie.

Già nei Tacuina Sanitatis, prontuari medici di fine Trecento con brevi scritti esplicativi di origine araba che espongono le proprietà medicinali di erbe e piante si trova il “Triacha” mentre nelle miniature vengono raffigurate le botteghe degli speziali.

Nel corso dei secoli, fino ai nostri giorni, grande importanza hanno avuto le farmacie dei conventi in cui anche le religiose si dedicavano alla preparazione dei medicamenti, mentre i contributi dei monaci alle conoscenze farmaceutiche venivano tramandate grazie agli scriptoria in cui, insieme ai testi della cultura classica, si ricopiavano gli erbari, anche se i primi manoscritti erano privi di immagini e risultavano di difficile comprensione, da qui l’esigenza di arricchire gli imponenti volumi con incisioni spesso acquerellate.

Questo  e molto di più potrete trovare  nel volume “Il farmacista. Immagini di una professione” a cura di Ludovica Sebregondi, Paolo Viti, Raffaella Maria Zaccaria,  un volume di grande formato che fa parte della collana dedicata alle “Professioni“. Rilegato in pelle e racchiuso in un cofanetto in legno,  208 pagine e 120 illustrazioni a colori, stampa artigianale su carta speciale delle Cartiere Miliani di Fabriano, interamente cucito a mano, rilegato in tutta pelle e decorato con incisioni in oro e impressioni a caldo.

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