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Da Giotto a Morandi, a Perugia, viaggio nei tesori dell’arte italiana di Fondazioni e Banche italiane

Giotto - Collezioni ECRF

Anche il San Francesco di Giotto in mostra a Perugia

Non chiamiamola mostra – ha detto il suo curatore, Vittorio Sgarbi – sarà come varcare le porte di un grande museo nazionale, come visitare la Galleria degli Uffizi o il Museo di Capodimonte di Napoli”. Parliamo della mostra Da Giotto a Morandi. Tesori d’arte di Fondazioni e Banche italiane” in corso a Palazzo Baldeschi a Perugia, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e organizzata dalla Fondazione CariPerugia Arte che fino al 15 settembre offre al pubblico la visione dei tesori artistici di proprietà delle Fondazioni di origine bancaria e delle Banche italiane.

Un percorso in cento opere d’arte che prende il via proprio da Giotto, il grande innovatore della pittura italiana, nel piccolo dipinto che fa parte delle collezioni dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze di cui abbiamo già avuto modo di parlare,  per giungere fino al celebrato  Giorgio Morandi, grande maestro italiano in grado di infondere un clima di solennità nei semplici oggetti del quotidiano. Un viaggio nell’arte italiana con i nomi degli artisti che l’hanno resa protagonista in tutto il mondo ad iniziare dal Beato Angelico, il Perugino, Pinturicchio, Ludovico Carracci, Guercino,  Mattia Preti, Luca Giordano, fino ad arrivare a Giovanni Fattori, Giuseppe De Nittis, Giovanni Boldini, Carlo Carrà , Filippo De Pisis e molti altri importanti autori.

Un’ampia panoramica sui soggetti affrontati dagli artisti, dai temi sacri alle raffigurazioni allegoriche e mitologiche, al ritratto, al paesaggio, alla natura morta. Una mostra che si svolge nell’anniversario dei 25 anni della nascita delle Fondazioni di origine bancaria e che celebra una sorta di sconosciuto “museo dei musei” come nelle parole di Vittorio Sgarbi e di cui, parte degli incassi, saranno destinati al restauro dei beni storico-artistici danneggiati dai recenti eventi sismici.

Vediamo nel dettaglio come è articolata questa importante mostra.

La mostra si apre con il San Francesco d’Assisi di Giotto, seguito dai fondi oro di Barnaba da Modena, del Maestro dei San Paolo Perkins e di Beato Angelico. Seguono le opere di Matteo Civitali, Matteo da Gualdo, Perugino, Pinturicchio, Dosso Dossi, Perugino, Pinturicchio, Filippo da Verona e Domenico Brusasorci.

Nella seconda sala spiccano le pale d’altare di Camillo Procaccini e Giovanni Francesco Guerrieri da Fossombrone, accanto alla seducente Onfale di Ludovico Carracci, all’ovale con un Episodio della vita di Alessandro di Giovanni Lanfranco,  alla tormentata Deposizione di Cristo di Ferraù Fenzoni. Completano la sala un limpido ritratto di Scipione Punzone e una colorata Resurrezione di Lazzaro di Palma il Giovane.

A seguire le opere di maestri di primo Seicento influenzati dalla rivoluzionaria pittura di Caravaggio: Maestro della Flagellazione di Cesena, Antiveduto Gramatica, Rutilio Manetti, Simon Vouet, Guido Cagnacci, Giovanni Battista Caracciolo, Pietro Novelli. Chiudono la sala due capolavori di Giovan Battista Beinaschi, pittore ‘tenebrista’ attivo tra Roma e Napoli, e Cecco Bravo, uno dei maestri più inquieti e bizzarri del seicento fiorentino.

Nella splendida Sala delle Muse, fiore all’occhiello di Palazzo Baldeschi, troviamo due dolci Madonne con il Bambino di Simone Cantarini, accanto alla Lucrezia preordina il suicidio di Guido Reni.  Seguono il Cristo e la samaritana del Guercino, il Salvator mundi di Elisabetta Sirani, la Sacra famiglia di Gian Domenico Cerrini, il Vecchio con bottiglia da pellegrino e globo di Pietro Bellotti e l’Allegoria del tempo e della verità di Pietro Liberi.

Le opere dei due maggiori interpreti della pittura barocca napoletana, Mattia Preti e Luca Giordano, fronteggiano quelle di gusto classicista dei bolognesi Carlo Cignani e Marcantonio Franceschini. Accanto, Giovanni Antonio Pellegrini e Pietro Balestra rappresentano il rococò veneziano ed europeo.

Il Salone degli stemmi raccoglie capolavori dal Settecento alla metà del Novecento, da Gaspar van Wittel a Giorgio Morandi. L’avvincente percorso offrirà al visitatore un’ampia panoramica sui soggetti affrontati dagli artisti nel XVIII secolo, dal tema sacro (Nicola Grassi, Gaetano Gandolfi, Giacomo Zampa), al ritratto (Pompeo Batoni, Angelica Kauffmann), dal capriccio e la veduta (Gherardo e Giuseppe Poli, Gaspar van Wittel, Bernardo Bellotto) alla natura morta (Cristoforo Munari, Giuseppe Artioli, Carlo Magini) e la scena di genere (Giovanni Domenico Lombardi, Gaspare Traversi). L’Ottocento è rappresentato dalle opere di Giovanni Carnevali detto il Piccio, Giovanni Fattori, Giuseppe De Nittis, Giovanni Boldini, Giuseppe Pelizza da Volpedo. Il Novecento si apre con Angelo Morbelli, seguito da Medardo Rosso, Giuseppe Biasi, Vincenzo Gemito, Adolfo Wild, Scipione, Felice Carena, Filippo de Pisis e Giorgio Morandi.

Il viaggio si conclude con due splendidi gessi di Quirino Ruggeri, un dipinto del 1934 di Carlo Carrà e due tele dedicate al paesaggio umbro di Gerardo Dottori.

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