In occasione della mostra “Verrocchio, il Maestro di Leonardo” che aprirà a Palazzo Strozzi a Firenze, con una sezione speciale al Museo Nazionale del Bargello, il prossimo 9 marzo la Fondazione non profit Friends of Florence ha sostenuto il restauro del Putto col delfino, l’opera realizzata dal Verrocchio su commissione di Lorenzo De’ Medici prima per la villa di Careggi e poi per Palazzo Vecchio dove ancora oggi è esposto e che costituirà uno dei capolavori dell’artista esposti a Palazzo Strozzi. “Il prestigio dell’opera e l’opportunità di una mostra dal respiro internazionale che raggiungerà anche Washington DC, rendono questo intervento ancora più importante per la nostra fondazione – ha sottolineato la Presidente Simonetta Brandolini d’Adda che così ha continuato – Ringrazio a nome di Friends of Florence i nostri donatori Ellen e James Morton, che hanno reso possibile questo restauro e ringrazio il Comune di Firenze e la Fondazione Palazzo Strozzi per averci coinvolti nella salvaguardia e valorizzazione di un capolavoro così importante per la storia dell’arte e la cultura mondiali“. Il restauro, diretto da Serena Pini curatrice del Museo di Palazzo Vecchio, è affidato a Nicola Salvioli sotto l’Alta Sorveglianza di Jennifer Celani, funzionario per la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e le Provincie di Pistoia e Prato. L’intervento iniziato nel mese di ottobre 2018 si concluderà in tempo per poter esporre l’opera a Palazzo Strozzi dal prossimo 9 marzo.
Capolavori di Andrea del Verrocchio saranno in mostra a confronto serrato con opere capitali di precursori, artisti a lui contemporanei e discepoli, come Desiderio da Settignano, Domenico del Ghirlandaio, Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Bartolomeo della Gatta, Lorenzo di Credi e Leonardo da Vinci. Nel 2019 si celebra il cinquecentesimo anniversario della morte di quest’ultimo, il suo più grande allievo, e l’esposizione di Palazzo Strozzi si offre come uno dei più importanti eventi a livello internazionale nell’ambito delle celebrazioni leonardiane.
Curata da due tra i maggiori esperti del Quattrocento, Francesco Caglioti e Andrea De Marchi, la mostra comprende oltre 120 opere tra dipinti, sculture e disegni, e costituisce la prima retrospettiva mai dedicata a Verrocchio. La rassegna si inserisce in una ricca rete di collaborazioni con musei e istituzioni di Firenze e del territorio, oltre che stranieri, che ha dato origine a un’importante campagna di restauri che permetterà al visitatore di ammirare molti capolavori, tornati a ‘nuovo splendore’. Fra gli interventi, particolarmente significativo è il restauro della statua in bronzo di Andrea del Verrocchio, raffigurante lo Spiritello con pesce (Putto col delfino) (1470-1475 circa) opera capitale e modello di naturalezza, in prestito dal Museo di Palazzo Vecchio, che lo accoglie anche durante l’intervento di restauro, in un laboratorio allestito all’interno del museo nella Sala della Cancelleria e visibile al pubblico.
Il celebre bronzo, raffigurante un fanciullo alato che, in bilico sopra una calotta sferica, stringe tra le braccia un pesce guizzante, è tra le opere più ammirate di Andrea del Verrocchio.
Ispirato a modelli di epoca greco-romana e ai numerosi putti di Donatello e della sua cerchia, è considerato un’opera tarda di Verrocchio, databile nell’ottavo decennio, per la straordinaria capacità di rappresentare una figura in movimento nello spazio e infonderle vitalità e naturalezza che qui l’artista dimostra di avere maturato. Un noto documento del 1496, recante una lista di opere eseguite da Verrocchio per i Medici, stilata dopo la sua morte dal fratello Tommaso, attesta che il “bambino di bronzo”, all’epoca corredato di “3 teste di bronzo e 4 bocche di lione in marmo”, fu realizzato per la villa medicea di Careggi. A commissionarlo era stato Lorenzo de’ Medici detto il Magnifico, come si legge nell’edizione del 1568 delle Vite di Giorgio Vasari, storiografo, architetto
e pittore di fiducia del duca Cosimo I de’ Medici.
Nel 1557 Cosimo I fece trasferire il Putto in Palazzo Vecchio per porlo a coronamento della fontana in marmo e porfido che Francesco del Tadda e Andrea di Polo stavano allora realizzando al centro del primo cortile, oggi detto di Michelozzo, su progetto di Bartolomeo Ammannati e dello stesso Vasari. Qui l’opera rimase per quattro secoli, soggetta agli effetti dannosi degli agenti atmosferici e del passaggio dell’acqua che zampillava dalla bocca del pesce, nonché alle sollecitazioni degli svariati interventi di manutenzione che si presume siano stati eseguiti sulla fontana nel corso del tempo. Parzialmente documentati sono i tre restauri ai quali il Putto fu sottoposto nel secolo scorso, prima che tra il 1957 e il 1959 venisse definitivamente trasferito all’interno di Palazzo Vecchio e sostituito sul posto da una copia in bronzo di Bruno Bearzi. Inizialmente collocato nella Sala della Cancelleria, fu in seguito sistemato al centro del cosiddetto Terrazzo di Giunone, per rievocare il progetto incompiuto della fontana che Cosimo I de’ Medici avrebbe voluto realizzare in questo loggiato oggi tamponato, simile a quella che, nell’attesa di dare corso al suo proposito, il duca vi fece dipingere “per modello” sulla parete interna: un putto alato in bronzo dorato che versa acqua da un vaso, con un piede sopra la testa di un delfino. Per consentire ai visitatori del Museo di Palazzo Vecchio di assistere a distanza al restauro in corso di esecuzione, l’opera è stata temporaneamente trasferita in un cantiere allestito nella Sala della Cancelleria.